Festeggiano perché ne hanno ragione, ma che almeno chiedano scusa

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Con la celebrazione, che vede insieme una società dell’Eni e i rappresentati degli Enti pubblici, si chiude la vicenda Polytecne, una delle pagine più vergognose della nostra storia recente.

Si rammenterà che la Procura di Monza[1] nel ’98 pose sotto sequestro 100 mila tonnellate di batterie per auto frantumate, che l’Eni stava lavorando illegalmente a Paderno Dugnago (Mi), e quantificò in 60 miliardi di vecchie lire il costo che, al tempo, l’Eni avrebbe dovuto sostenere se quei rifiuti fossero stati smaltiti in modo legittimo.

Oggi veniamo a sapere che festeggiano la bonifica il cui costo per il sito Polytecne di Fenice Capanne è stato quantificato [2] in circa 10 milioni di euro (circa 20 miliardi di vecchie lire).

Quindi, in conclusione, oggi c’è chi può festeggiare: le omissioni [3] e gli errori delle pubbliche amministrazioni locali, che hanno consentito all’Eni di trasferire a Fenice Capanne quei rifiuti tossici, gli hanno consentito di realizzare un vantaggio di circa 40 miliardi di vecchie lire. Infatti si rammenterà che la Procura di Monza dissequestrò [4] quei rifiuti solo perché dirigenti Eni presentarono la certificazione attestante l’esistenza, a Fenice Capanne, di impianti unici in Italia, autorizzati a lavorare quei rifiuti tossici e nocivi.

Invece nel 2002, quando i lavoratori furono ricoverati all’ospedale con il piombo nei loro organi, sapemmo che i sistemi di sicurezza, autorizzati dalla Provincia di Grosseto in realtà non esistevano.

Abbiamo sempre sostenuto che la Polytecne era solo una società utilizzata da Eni per compiere questo affare.

Quando nel febbraio del 2009 fu data la notizia di un accordo tra Enti pubblici e Eni, in base al quale quest’ultima società avrebbe smaltito i suoi rifiuti rimasti a Fenice Capanne, realizzato la bonifica, ma non avrebbe indennizzato i lavoratori, criticammo quell’accordo.

Infatti una parte di quegli operai, avvelenati da piombo, si erano costituiti in giudizio davanti al Giudice del lavoro del Tribunale di Grosseto contro la società Polytecne.

Solo in tredici lo fecero, poiché non tutti se l’erano sentita di affrontare le spese giudiziarie, in quanto non avevano il sostegno di nessun soggetto pubblico.

Criticammo gli Enti pubblici perché quell’accordo contemplava anche la rinuncia da parte degli Enti locali a qualunque azione giudiziaria contro l’Eni e perché tutti sapevano [5] che la Polytecne non era assolutamente solvibile nei confronti dei lavoratori.

Gli Enti sapevano con certezza che solo l’Eni aveva i mezzi per saldare il debito, tant’è che per le bonifiche si erano rivolti ad Eni e non alla Polytecne. Replicarono alle nostre critiche il Presidente della Provincia, Lio Scheggi, e l’Assessore Bramerini con toni molto offensivi [6] nei nostri confronti, sostenendo che gli Enti locali si erano costituiti parte lesa, contro la Polytecne in un procedimento penale.

Allora non abbiamo risposto, perché tutti sapevano perfettamente della insolvibilità [5] della Polytecne.

Infatti, i lavoratori, pur avendo avuto ragione in Tribunale, stanno ancora oggi aspettando gli indennizzi, poiché, come previsto, l’amministratore della Polytecne. è fallito.

Coloro che hanno fatto risparmiare all’Eni i 40 miliardi festeggino pure, ma si chieda almeno scusa a questi lavoratori.

Per il Direttivo del Forum Ambientalista Grosseto,
Roberto Barocci

 

 

1 -Procura della Repubblica presso la Pretura di Monza. Memoria del Sost. Procuratore dott. Luciano Padula del 10.4.98

2 – Vedi articolo sul costo di 10 milioni.

3 – Procura della Repubblica di Grosseto- Richiesta di archiviazione a firma del Sost. Procuratore dott Alessandro Leopizzi del 27.7.2006 per prescrizione dei reati.
I Consulenti Tecnici nominati dalla Procura di Grosseto, l’ing. Paolo Rabitti e il dott. Gian Paolo. Sommaruga, alle pagine 19-23 della loro Relazione al Magistrato, avevano messo in evidenza come l’Amministrazione Provinciale non avrebbe potuto rilasciare le suddette certificazioni a quell’impianto:

  • -per difformità dell’impianto realizzato, rispetto a quello presentato sulle carte e autorizzato;
  • -per l’impossibilità dell’impianto realizzato di rispettare le condizioni di sicurezza dello stoccaggio, mancando il volume coperto disponibile per la messa in riserva del materiale da lavorare;
  • -per l’impossibilità dell’impianto realizzato di rispettare le condizioni di sicurezza nel corso delle lavorazioni, mancando i sistemi di filtraggio e gli impianti cattura polveri;
  • -per la mancata verifica sulla pericolosità del rifiuto trattato.

4 -Vedi articoli del Corriere di Maremma, Il Tirreno e La Nazione del 11 aprile 2003 in:

5 -Vedi articoli: Il Tirreno 4.8.2007, Il Tirreno del 31.10.2007 , Il Tirreno del 19.2 2009, Il Tirreno del 20.2.2009

6 -Vedi articoli di La Nazione e Il Tirreno del 20.2.2009

Comunicato stampa in risposta alla CNA di Grosseto.

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Quanto scrive la CNA di Grosseto sulle sentenze del TAR e del Consiglio di Stato non può passare inosservato. Si sostiene che l’inceneritore di Scarlino non avrebbe mai superato le emissioni consentite e che pertanto tutto il resto, leggi e sentenze comprese non contano. La CNA chiede, imitando l’ex Presidente del Consiglio, che la Politica ribalti le sentenze e che le leggi, a tutela della salute pubblica, non siano rispettate perché metterebbero in pericolo posti di lavoro. Con questo metro, nel Sud Italia, si giustificano le azioni illegali di mafia e camorra pur di garantire l’occupazione generata nella gestione dei rifiuti tossici interrati nel casertano o nel siracusano.
Ciò che sostiene CNA, oltre a non corrispondere ai dati ufficiali (e lo vedremo), è simile all’arrogante pretesa di alcuni automobilisti che, alla guida di auto in regola con i propri gas di scarico, pretendono di circolare nelle città, anche quando ci siano ordinanze di divieto di circolazione, a causa del superamento dei limiti di legge per inquinanti mortali alla vita dei cittadini. E’ vero che le cause di quell’inquinamento nelle città sono molte e diverse, e che quel singolo arrogante automobilista ha solo una piccola parte di responsabilità, ma quando l’ambiente non è in grado di smaltire le quantità assolute di veleni versati, nessuno ha il diritto di aggiungerne altri.
Questa è la situazione oggi presente nella piana di Scarlino e Follonica, dove le concentrazioni di molte sostanze cancerogene sono su terreni, sedimenti ed acque molte volte superiori ai limiti di legge.
Questo dicono i dati ufficiali, che CNA omette di citare.
Questo è il motivo per cui la Legge ha imposto di avviare le Bonifiche e vietato di poter aggiungere altre dosi di veleno, anche se singolarmente a norma.
Questo è ciò che inchioda alle loro responsabilità il Sindaco di Scarlino, il Presidente della Provincia e della Regione Toscana, che prima hanno consentito l’inquinamento e omesso di realizzare efficaci bonifiche (vedi l’adesione alla teoria dimostratasi falsa della naturalità dell’Arsenico), e poi vorrebbero autorizzare l’emissione di altri inquinanti tossici.
Altro che semplici vizi di forma indicati dalle sentenze! Sentenze di cui il CNA ignora, o finge di ignorare, i motivi ben evidenziati e circostanziati.
Ignoranza manifesta anche sull’altro aspetto, quello del superamento dei limiti nelle emissioni. Vorremmo ricordare a CNA, e ai cittadini, che i controlli sono eseguiti dalla stessa Scarlino Energia, oppure su preavviso da parte dell’Arpat, che né diossine, né furani, né nano-particelle sono monitorate in continuo. Già nel 2006, in fase d’incenerimento di biomasse, la Scarlino Energia aveva documentato di scaricare in mare attraverso il Canale Solmine, nel rispetto delle singole concentrazioni limite, 29.6 Kg/anno di Arsenico. Ben oltre i valori soglia, fissati nello stesso documento, a 5 kg/anno. Quindi, accanto alla concentrazione singola, come per la singola automobile, si deve verificare se l’ambiente è capace di smaltire le quantità assolute e, poiché nel canale Solmine viene versata una quantità enorme di acqua usata per l’abbattimento polveri e varie depurazioni, pari a 19 miliardi di litri/anno, le concentrazioni singole possono essere anche a norma, ma la legge pretende di verificare se le quantità assolute sono sostenibili e smaltibili! Ed è per questo che l’Arpat registra l’accumulo fuori norma di molti cancerogeni nei sedimenti.
Stanno avvelenando l’ambiente, la nostra salute e la nostra economia ed anche noi vorremmo perciò “ringraziare” il CNA per la (in)sensibilità dimostrata verso tutti noi.

Emblema di senso civico e di servizio pubblico

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Il quotidiano on line 0564news del 20-01-2012 ha realizzato un articolo sulla conferenza stampa di giovedì 19 gennaio al Casello Idraulico di Follonica dedicata al caso dell’inceneritore di Scarlino.

“Roberto Barocci emblema di senso civico e di servizio pubblico che ispira anche il Comitato per il No all’inceneritore di Scarlino e che sentiamo di ringraziare”. Queste le parole dette dal presidente Mario Monciatti, approvate a vista dall’avvocato Franco Zuccaro, al termine dell’intervento del professore grossetano durante la conferenza di giovedì 19 gennaio al Casello Idraulico di Follonica.

Una conferenza congiunta Comitato del No, Forum Ambientalista Grosseto e ReteambienteGr durante la quale sono state discusse le sentenze del Tar Toscano e del Consiglio di Stato e presentati i documenti relativi alla disastrosa, pericolosissima e intollerabile situazione intorno all’inceneritore scarlinese.

In questo primo servizio 0566news e 0564 news danno conto dell’intervento di Barocci (che ci è stato fornito per scritto) durante la riunione di Follonica alla quale erano presenti, tra gli altri, anche De Luca del PD, Luigi Costagli del PDL, Alberto Aloisi del PSI,  Paolo Buti dell’Arci, Renzo Fedi della Col diretti.

L’articolo prosegue con il testo già reso pubblico qui.

Ladri di salute e di lavoro

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Sia in occasione della prima autorizzazione in sede di VIA, rilasciata dalla Giunta Scheggi nel 2008 a Scarlino Energia Srl, sia poi in occasione del riesame farsa e delle autorizzazioni rilasciate dalla Giunta Marras nel 2010, presentammo alcune Osservazioni (diap.2-3-4-5-6) per conto del Comitato per il No e del Forum Ambientalista in merito alla violazione di legge per gli scarichi di metalli tossici nel Canale Solmine, già inquinato e inserito nei Piani regionali e provinciali di bonifica. La legge vieta che si possa scaricare ulteriori sostanze pericolose, anche se da impianti a norma, in un sito oggetto di bonifica (diap.9).

La risposta di Scarlino Energia srl, che per legge avrebbe dovuto rispondere in modo adeguato alle Osservazioni presentate, è stata di una arroganza sconcertante. Infatti scrisse che gli scarichi dell’impianto “non sarebbero attinenti al progetto in esame”(diap,7).

La Provincia di Grosseto, violando la legge (!), non chiese spiegazioni, finse di non sapere (dirigenti al tempo erano l’arch. Gracili e poi il dott. Sammurri) e prescrisse il monitoraggio a posteriori, anziché preventivo alle autorizzazioni per verificare la sostenibilità del nuovo impatto. Il TAR toscano ci ha dato ragione e ha censurato l’operato illegittimo della Provincia di Grosseto.

Il risultato del monitoraggio a posteriori, realizzato nell’ottobre 2010 da Arpat sui sedimenti del Canale Solmine, fa registrare molti superamenti dei limiti di legge (diap.8). Per i metalli tossici e cancerogeni il numero di volte superiore alla legge è rispettivamente: 25 per Arsenico; 10 per Piombo; 7,3 per Zinco; 2 per Cadmio; 1,9 per Mercurio; 1,35 per Rame 1,3 per Cromo.

Nonostante che Comuni, Provincia e Regione Toscana abbiano ricevuto questi dati, la legalità sembra non essere più un valore perseguito, neppure quando si tratta di intervenire per eliminare dall’ambiente potenti cancerogeni. Infatti le Conclusioni scritte e inoltrate dall’Arpat di Grosseto non lasciano dubbi, parlando di seria contaminazione (diap.10).

Il monitoraggio viene ripetuto nel 2011 e la novità, che viene riconfermata, è la presenza significativa anche di cancerogeni organici, quali DIOSSINE, PCB ed IPA, oltre la presenza fuori norma dei metalli tossici visti sopra (diap.11).

Oltre alla bonifica, finora omessa, s’impone anche l’eliminazione degli ulteriori scarichi inquinanti, ma qui le opinioni sono nettamente divergenti.

Mentre il prof. Paolo Rabitti spiega nelle 23 pagine della sua Relazione al Consiglio di Stato che le Diossine possono essere di diversa origine, ma che la prevalenza di una particolare specie di Diossina, misurata e trovata a valle dell’inceneritore, può essere stata prodotta solo bruciando rifiuti solidi urbani (diap.12), l’Arpat non compie questa stessa valutazione, rimandando a indefinite emissioni storiche (questa volta non c’entrano gli etruschi…) indicando però la provenienza dall’impianto di combustione delle piriti (diap.13).

Questa volta l’Arpat, come fece negli anni ’90 per l’eccesso di Arsenico trovato nella piana di Scarlino, non può invocare la naturalità, poi smentita da tutti. Ma le fonti bibliografiche citate dal prof. Rabitti a conferma dell’origine da rifiuti urbani e la vaghezza delle spiegazioni dell’Arpat hanno convinto il Consiglio di Stato, che di fatto ha definito “ non inequivoche” le tesi Arpat e “plausibili” quelle sostenute da Rabitti.

Ma un’altra pagina sconcertante, da chiarire in un secondo tempo, è data dalle numerose e clamorose contraddizioni di ARPAT. Ne vogliamo solo anticipare alcune: il rilievo che il prof. Rabitti muove all’operato dell’Arpat in merito ai prelievi e misurazioni degli idrocarburi (IPA), che misurati in uscita dall’impianto di incenerimento, prima che subiscano la diluizione provenienti dalle vasche di raccolta delle acque piovane (diap.14), fanno registrare gli stessi valori, al limite di legge, di quelli registrati dopo la sicura diluizione subita. Poi il fatto che l’ARPAT di Grosseto , contraddicendo le stesse direttive nazionali di APAT, sostenga che i valori limiti di legge per la bonifica dei terreni non costituiscono obbligo di legge per i sedimenti del Canale Solmine.

Alla prossima puntata…

Roberto Barocci,
Forum Ambientalista GR, ReteambienteGr

Il potere dell’ENI

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Dopo la denuncia dei ritardi inspiegabili a difesa delle acque e falde idriche, non ancora bonificate da ENI, l’assessora all’Ambiente della Provincia di Grosseto, Patrizia Siveri, ha voluto ancora una volta rassicurare che nei prossimi mesi si provvederà.

Ecco il nostro comunicato in merito:

L’assessore provinciale all’Ambiente Patrizia Siveri, forse non ha colpe ed è probabile che non sappia quello che dice: “Tutto procede secondo i tempi previsti – commenta e aggiunge- “Buone notizie anche per quanto riguarda le gallerie di scolo delle miniere di Niccioleta, Ballarino, Fenice, Accesa e Gavorrano: le attività di indagine, iniziate il 23 agosto si concluderanno a settembre 2011. Si prevede, quindi, entro il 2012 la definizione di tutti gli interventi e ci auguriamo il contestuale inizio delle bonifiche”.
La Siveri forse non sa che tali miniere sono state inserite, con la prescrizione dell’inizio dei lavori “a breve termine”, nel primo Piano regionale di Bonifica del 1993, a seguito di una legge nazionale del 1987, della legge regionale 29/93 e di indagini condotte allora dalla USL, che dal 1988 certificavano la pericolosità sia delle discariche minerarie, sia delle acque in uscita dalle miniere. Sono passati oltre venti anni e le disposizioni di legge, in particolare i sei mesi di tempo per iniziare i lavori di bonifica, le ordinanze e le richieste di fideiussioni al soggetto responsabile dell’inquinamento, cioè l’ENI, sono state tutte ripetutamente e consapevolmente omesse a danno della collettività e ad esclusivo vantaggio del soggetto privato. Per legge, l’ENI avrebbe dovuto eseguire le bonifiche entro sei mesi, lo ripeto per l’assessora Siveri: la legge è uguale per tutti e contano poco gli accordi con ENI, se questi accordi non sono rispettosi delle leggi. I sei mesi decorrono dal momento in cui è certificata la pericolosità per la salute e per l’ambiente. La certificazione ufficiale è del 1993 mentre l’assessora ci parla invece delle nuove ennesime indagini che si concluderanno nel 2011 e dei lavori, che , forse, inizieranno nel 2012 !!
Prima di lei hanno rilasciato dichiarazioni del tutto simili e tranquillizzanti l’ex sindaco di Massa M.ma, Luca Sani, l’allora assessore Sammurri, poi la Bramerini e ancora il Presidente Scheggi. A conferma si leggano i titoli dei quotidiani locali: “Maremma, 23 discariche abusive da bonificare (La Nazione del 2.12.1996), “La Campiano presenta 19 progetti per le bonifiche (La Nazione del 19.4.98) “Scocca l’ora delle bonifiche “ (La Nazione del 21.2.99) “Le bonifiche minerarie ora stanno diventando realtà” (Il Tirreno del 31.5.2001), “Il presidente assicura:presto le bonifiche” (Il Tirreno, 6.3.2003).
C’è una realtà che molti sanno e chi governa in Toscana non può dire: se si vuol fare carriera politica, bisogna piegarsi agli interessi del soggetto privato ENI, anche omettendo di applicare la legge. Ne è prova l’ex sindaco di Montieri, Russo, l’unico che ha emesso contro la Spa ENI una Ordinanza, nel rispetto della legge e che ha poi piegato in Tribunale la multinazionale alla bonifica della miniera di Campiano e del fiume Merse.

Roberto Barocci
Forum Ambientalista