Perché la classe dirigente politica difende Scarlino Energia?

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Il quotidiano Corriere di Maremme del 07-12-2011 riporta per esteso il contenuto della conferenza stampa, tenuta assieme a Renzo Fedi della Coldiretti-sez Follonica, di martedì 6 dicembre 2011 sui conflitti di interesse nella vicenda dell’inceneritore di Scarilino.

Inceneritore, spuntano i conflitti di interesse “Perché la classe dirigente politica difende Scarlino Energia?”

Barocci e Fedi si interrogano sulle scelte fatte dal presidente dell’Ato Ombrone Periccioli

GROSSETO – “Perché i politici lanciano accuse pesanti sulla magistratura? A difesa di un inceneritore di rifiuti privato, autorizzato illegittimamente secondo i giudici del Tar, presumibilmente dannoso alla salute, incapace di chiudere il ciclo dei rifiuti, non previsto nella pianificazione pubblica, che produce molto meno occupazione stabile delle alternative possibili e che per la collettività produce solo tasse elevate. Ci sono in corso conflitti di interesse clamorosi?”. Questi sono i quesiti posti alla stampa ieri mattina da Roberto Barocci del Forum ambientalista e ReteAmbiente di Grosseto e da Renzo Fedi, presidente di Coldiretti della sezione Follonica. “Il presidente dell’Ato Ombrone Moreno Periccioli – spiegano – è il rappresentante di 56 sindaci e dovrebbe difendere gli interessi di centinaia di migliaia di cittadini. Oggi è anche presidente della società privata Scarlino Energia srl. Ma Periccioli, al tempo assessore in Regione Toscana, completò nel 1993-’94 lo ’scellerato’ progetto avviato dal suo predecessore Marcucci, consentendo all’Eni di continuare a scaricare all’interno della miniera di Campiano sia i fanghi provenienti dagli impianti di depurazione della miniera stessa, sia le famose ceneri, provenienti dall’impianto acquisito poi da Scarlino Energia srl. Tali rifiuti erano entrambi tossici e nocivi, come documentato e trasmesso il 27.12.93 al Periccioli dal responsabile della Usl 27, che, in risposta alle richieste dell’assessore regionale, allegava una relazione dettagliata sulla pericolosità di tali rifiuti. Relazione che comprendeva inoltre la corretta previsione del possibile inquinamento del fiume Merse, in caso di interruzione del sistema di eduzione e trattamento delle acque interne, come di fatto avvenne. Periccioli, informato, avrebbe dovuto annullare tutte le autorizzazioni rilasciate e fermare l’inquinamento da Arsenico. Non lo fece. Che le ceneri di piriti fossero tossiche e nocive, perché capaci di cedere metalli cancerogeni fuori norma, era già stabilito dal ministero dell’Ambiente con Decreto n. 1170/92, trasmesso anche alla Regione Toscana. La consapevolezza della tossicità di tali rifiuti è confermata dagli appunti raccolti dalla verbalizzante, dottoressa Pittaluga, nel corso delle sedute del comitato tecnico, in cui era presente Moreno Periccioli in qualità di presidente di detta commissione, appunti sequestrati dalla magistratura di Grosseto nell’ambito di indagini. Il tutto è oggi conservato presso la Procura della Repubblica di Grosseto. Le autorizzazioni rilasciate in quegli anni da diversi assessori regionali all’uso illecito delle ceneri di pirite dell’Eni, sono alla base anche dell’inquinamento accertato della piana di Scarlino. La stessa Scarlino Energia, avendo acquisito successivamente la proprietà degli impianti da Eni, in cambio delle bonifiche, ha ottenuto dalla Provincia di Grosseto, presidente Lio Scheggi, la incredibile autorizzazione a concludere le opere di bonifica in superficie a data indefinita e a rimandare, di anno in anno, la data di inizio dei lavori di bonifica della falda inquinata. Dopo oltre dieci anni dall’avvio delle procedure di bonifica. Scarlino Energia è uno dei soggetti privati beneficiati dagli enti pubblici locali con i ritardi sui tempi di bonifica previsti dalla legge dello Stato. Ricordiamo, per inciso, che Lio Scheggi, finito il suo mandato di presidente della Provincia, dopo aver rilasciato la Via positiva a Scarlino Energia e rinviato i costi della bonifica, è stato nominato nel cda della fondazione del Mps. Un approfondimento delle modalità di azione di questi amministratori è documentato nei verbali delle loro riunioni ed è raccontato in: https://roberto.barocci.info/ 2010/11/una-valutazione-di-impatto- ambientale/, http://roberto. barocci.info/2007/06/arpat-maremma- rettifiche-report-troppi-d ocumenti-testimoniano-gli-errori/. Che ci sia un conflitto d’interessi in tutto ciò? Ci chiediamo dunque quale credibilità pubblica possano avere tali personaggi politici, che da una parte hanno il dovere di difendere la qualità delle acque pubbliche e dall’altra difendono contrastanti interessi privati. Molte altre vicende – continuano – che coinvolgono altri amministratori pubblici sono collegate a questi fatti. Una su tutte è emblematica: la denuncia fatta da Scarlino Energia nei confronti dei commissari del comitato di inchiesta pubblica e la posizione della Provincia nella vicenda. E’ evidente che, alla luce della sentenza del Tar, questi commissari dicevano la verità quando proponevano il ritiro in autotutela di una autorizzazione totalmente illegittima, che Marras invece non ha voluto ascoltare, affidandosi ad un biologo dell’Università di Siena. Proprio per questa vicenda il professor Paolo Rabitti, ha comunicato che si riserva di esperire le opportune azioni giudiziarie attendendo l’eventuale arrivo della archiviazione della denuncia. Infatti, per fare un esempio di più facile comprensione della gravità delle scelte compiute dalla Provincia, ipotizziamo il caso di un cittadino qualsiasi, che presenta in Comune un progetto di costruzione di una casa e che la commissione edilizia comunale incaricata dal Sindaco, esaminato il progetto, lo bocci per molti vizi di legittimità. A questo punto, il privato cittadino querela la commissione edilizia e il Sindaco, anzichè difendere il proprio organismo tecnico, incarica un biologo esterno che esprimere un parere favorevole sul progetto edilizio! Quindi l’operato di Scarlino Energia può apparire quale uno strumento di forzatura per ottenere che la Provincia non tenesse conto delle conclusioni della sua Commissione. Per questo chiediamo che la Magistratura faccia luce su questi fatti”.

Barocci a Bizzarri “Ma quale ingresso di Coseca nel cogeneratore”

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Il Corriere di Maremma del 30-09-2011, riporta i dati della Conferenza Stampa del 29 a Follonica Sala Consiliare Comune di Follonica, convocata dal Comitato per il No all’inceneritore di Scarlino.

 GROSSETO – “Un amministratore, prima di acquistare quote di una società, che sicuramente deve bonificare un territorio molto vasto, doverebbe almeno far quantificare il costo di tale bonifica,di cui oggi ancora non esiste un progetto. Altrimenti succede che si trasferiscono i costi di tali opere nelle tariffe rifiuti, che dovranno pagare i cittadini dell’intera provincia, serviti dal Coseca”. Così Roberto Barocci, della Rete ambiente Grosseto, interviene sull’affaire Coseca e sulla proposta, avanzata ieri dal sindaco di Scarlino Maurizio Bizzarri, secondo cui l’azienda pubblica non solo dovrebbe entrare in Futura spa, ma anche in Scarlino Energia. “Non può ripetersi quanto Bizzarri ha già contribuito nel passato a fare – attacca Barocci – trasferire al Comune di Scarlino la proprietà di un sito Eni, Gr-66 ex casse sterili, che ancora produce inquinamento delle falde, quando le bonifiche superficiali sono certificate come realizzate, ma quando dal monitoraggio post bonifica si dimostra che tali opere sono incomplete e sicuramente inefficaci”.

Gli ambientalisti tirano fuori le carte

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Il corriere di Maremma del 24-06-2011, riporta i dati della Conferenza Stampa tenuta nella sede della Federazione provinciale Coldiretti di Grosseto, giovedì 23 giugno 2011.

Gli ambientalisti tirano fuori le carte e chiedono “chiarezza e trasparenza” a Tioxide e istituzioni
Esposto sui gessi rossi in agricoltura
Barocci: “Restano rifiuti speciali, non possono essere usati come correttivi”

GROSSETO – Nessuna volontà di accusare, nè di “gettare nuovo carburante” sul fuoco delle polemiche. Solo la richiesta di “chiarezza e trasparenza” sull’uso dei gessi rossi della Tioxide in agricoltura, come correttivo di anomalie nei terreni. La domanda arriva da Roberto Barocci a nome del forum ambientalista di Grosseto, e da Renzo Fedi della Coldiretti. Che ieri hanno incontrato la stampa per illustrare le ragioni della loro “incredulità e preoccupazione” per il “silenzio delle istituzioni preposte (Regione, Arpat, Provincia, Asl)” e per annunciare un esposto alla Procura per sapere “se ad insaputa dei più sono cambiate le leggi, oppure sono cambiati i processi produttivi, oppure cosa ha trasformato rifiuti speciali, non recuperabili con procedure semplificate, in fertilizzanti”. Domande alle quali gli ambientalisti sperano seguano risposte convincenti, dal momento che rilevano discrepanze fra quanto fu sancito nel 2004 nell’accordo volontario fra Tioxide, Regione, Provincia e Comuni (ovvero i gessi rossi come rifiuti speciali “utilizzabili – ricorda Barocci – solo dopo attente prescrizioni e verifiche, ma come copertura di cave di gesso, discariche e bonifica di siti industriali”), e l’ottenimento, nel 2010, da parte di Tioxide dal Ministero delle Politiche agricole della registrazione dei gessi rossi come correttivo di anomalie dei terreni, col nome commerciale di Agrigess. La Tioxide, con sede a Scarlino, è un’azienda leader in Italia nella produzione di biossido di titanio, che a sua volta produce come sottoprodotto il gesso. Dal 2010, in ragione dell’autorizzazione ministeriale, può conferire i gessi rossi agli agricoltori come correttivi. Secondo gli ambientalisti, però, i gessi rossi sono rifiuti speciali e se il Ministero ha concesso la loro registrazione come correttivo “è perchè – sostiene Barocci – la Tioxide ha fatto riferimento alla sola normativa sui fertilizzanti, che limita a sette elementi pericolosi la verifica sul contenuto massimo ammissibile di metalli pesanti tossici e nocivi”. Tuttavia, ricorda ancora Barocci, “la Tioxide nel 2004 ha sottoscritto un accordo volontario che ha classificato i gessi rossi come rifiuti speciali, sottoscrivendo altresì “che tale gesso rosso può essere causa di inquinamento delle acque”. A supporto, Barocci ha raccolto una copiosa documentazione, contenente fra gli altri l’accordo volontario del 2004, il verbale di Arpat di una riunione del luglio 2005 per il “recupero ambientale e morfologico con utilizzo dei gessi rossi” e tabelle di confronto fra i contenuti dei gessi rossi e le leggi in vigore. Gli ambientalisti, infatti, condividono la definizione dei gessi come rifiuti speciali “dal momento che – dice Barocci – l’accordo volontario del 2004 è conforme al decreto legislativo 100 del ’92, che recepiva specifiche direttive della Cee emanate a partire dal 1978 relative, una ai rifiuti provenienti dall’industria di biossido di titanio, una alle modalità di vigilanza e controllo degli ambienti interessati dagli scarichi dell’industria del biossido di titanio”. Le conclusioni degli ambientalisti sono nette. “Secondo i documenti in nostro possesso – spiega Barocci – e leggendo quanto Tioxide ha scritto nell’accordo volontario, è la stessa azienda che prevede nel riuso dei gessi rossi, esclusivamente in cave, discariche e siti industriali già contaminati, la necessità di prevenire rischi per la tutela della salute e dell’ambiente. E’ la stessa Tioxide – sostiene ancora Barocci – ad aggiungere che i siti da sottoporre alle attività di recupero dei gessi devono essere conformi alle prescrizioni del Piano territoriale di coordinamento (Ptc, della Provincia) e non devono essere in zona di ricarica della falda destinata al consumo umano”. Non solo. Secondo gli ambientalisti “sono le stesse analisi prodotte da Tioxide a confermare che tale rifiuto non può godere delle procedure semplificate per un eventuale riuso”. Barocci si spinge più in là e cita anche le analisi effettuate da Arpat in base alle quali è stabilito che “l’utilizzo dei gessi rossi dovrà essere interdetto ogni qual volta si possono determinare contatti con materiali suscettibili di percolati acidi”. Barocci cita anche le conclusioni del verbale della riunione del 19 luglio 2005 relativa al recupero ambientale e morfologico con utilizzo di gessi rossi della cava di Molino nuovo, a Roccastrada. “I presenti al tavolo – dice Barocci citando dalle carte del verbale – convengono che il gesso rosso produce un eluato acquoso contenente manganese in concentrazioni significative”. La conseguenza che ne trae Barocci è che “c’è la consapevolezza che i gessi rossi possono inquinare e rendere imbevibili le acque potabili”. E non ci sarebbe solo la questione della concentrazione di manganese, ma anche di vanadio “tale – sostiene – da obbligare i proprietari dei terreni che usassero i gessi rossi come correttivo a bonificarli ai sensi della legge vigente”. Nessuna accusa, ribadisce, ma il desiderio “forte” che “gli enti pubblici preposti al controllo ci diano in tempi brevi risposte chiare ed esaustive”. In particolare su alcune domande: “E’ forse cambiato, dal 2004 ad oggi, il ciclo produttivo dei gessi rossi? Se così fosse, che sia reso di pubblico dominio con allegate le nuove analisi chimiche, che dimostrino incontestabilmente l’impossibilità per gli stessi di contaminare le falde sotterranee. Ma se così non fosse – insistono sia Barocci che Fedi – non riusciamo a capire come sia possibile che un rifiuto speciale possa essere accreditato come correttivo”. Barocci e Fedi si dicono, infine, stupiti “dei silenzi delle istituzioni”, ma anche del fatto che “nel 2004 Tioxide prescriveva che l’utilizzo dei gessi rossi non doveva essere eseguito in zone ove opera il dilavamento dell’acqua piovana o sono presenti falde acquifere e oggi consigli a tutti gli agricoltori l’utilizzo massiccio dei gessi”. Una domanda arriva anche da Francesco Viaggi, presidente provinciale di Coldiretti, che ha ospitato nella sua sede l’incontro degli ambientalisti con la stampa: “Le aziende agricole non hanno strumenti per verificare l’uso dei gessi rossi. Chiediamo chiarezza sulla composizione del prodotto”.

Bonifiche in ritardo di 20 anni

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L’assessora all’Ambiente della Provincia di Grosseto, Patrizia Siveri, prova a rassicurare affermando che nei prossimi mesi si provvederà alle bonifiche e la risposta del Forum Ambientalista arriva puntuale e viene riportata dalla stampa:

«Siveri s’informi: bonifiche in ritardo di 20 anni»

Barocci (Forum ambientalista) attacca l’assessore provinciale

articolo del 10 Ottobre 2010 pubblicato nelle pagine del Corriere di Maremma

L’Assessora o non sa o finge di non sapere.