Gli ambientalisti tirano fuori le carte

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Il corriere di Maremma del 24-06-2011, riporta i dati della Conferenza Stampa tenuta nella sede della Federazione provinciale Coldiretti di Grosseto, giovedì 23 giugno 2011.

Gli ambientalisti tirano fuori le carte e chiedono “chiarezza e trasparenza” a Tioxide e istituzioni
Esposto sui gessi rossi in agricoltura
Barocci: “Restano rifiuti speciali, non possono essere usati come correttivi”

GROSSETO – Nessuna volontà di accusare, nè di “gettare nuovo carburante” sul fuoco delle polemiche. Solo la richiesta di “chiarezza e trasparenza” sull’uso dei gessi rossi della Tioxide in agricoltura, come correttivo di anomalie nei terreni. La domanda arriva da Roberto Barocci a nome del forum ambientalista di Grosseto, e da Renzo Fedi della Coldiretti. Che ieri hanno incontrato la stampa per illustrare le ragioni della loro “incredulità e preoccupazione” per il “silenzio delle istituzioni preposte (Regione, Arpat, Provincia, Asl)” e per annunciare un esposto alla Procura per sapere “se ad insaputa dei più sono cambiate le leggi, oppure sono cambiati i processi produttivi, oppure cosa ha trasformato rifiuti speciali, non recuperabili con procedure semplificate, in fertilizzanti”. Domande alle quali gli ambientalisti sperano seguano risposte convincenti, dal momento che rilevano discrepanze fra quanto fu sancito nel 2004 nell’accordo volontario fra Tioxide, Regione, Provincia e Comuni (ovvero i gessi rossi come rifiuti speciali “utilizzabili – ricorda Barocci – solo dopo attente prescrizioni e verifiche, ma come copertura di cave di gesso, discariche e bonifica di siti industriali”), e l’ottenimento, nel 2010, da parte di Tioxide dal Ministero delle Politiche agricole della registrazione dei gessi rossi come correttivo di anomalie dei terreni, col nome commerciale di Agrigess. La Tioxide, con sede a Scarlino, è un’azienda leader in Italia nella produzione di biossido di titanio, che a sua volta produce come sottoprodotto il gesso. Dal 2010, in ragione dell’autorizzazione ministeriale, può conferire i gessi rossi agli agricoltori come correttivi. Secondo gli ambientalisti, però, i gessi rossi sono rifiuti speciali e se il Ministero ha concesso la loro registrazione come correttivo “è perchè – sostiene Barocci – la Tioxide ha fatto riferimento alla sola normativa sui fertilizzanti, che limita a sette elementi pericolosi la verifica sul contenuto massimo ammissibile di metalli pesanti tossici e nocivi”. Tuttavia, ricorda ancora Barocci, “la Tioxide nel 2004 ha sottoscritto un accordo volontario che ha classificato i gessi rossi come rifiuti speciali, sottoscrivendo altresì “che tale gesso rosso può essere causa di inquinamento delle acque”. A supporto, Barocci ha raccolto una copiosa documentazione, contenente fra gli altri l’accordo volontario del 2004, il verbale di Arpat di una riunione del luglio 2005 per il “recupero ambientale e morfologico con utilizzo dei gessi rossi” e tabelle di confronto fra i contenuti dei gessi rossi e le leggi in vigore. Gli ambientalisti, infatti, condividono la definizione dei gessi come rifiuti speciali “dal momento che – dice Barocci – l’accordo volontario del 2004 è conforme al decreto legislativo 100 del ’92, che recepiva specifiche direttive della Cee emanate a partire dal 1978 relative, una ai rifiuti provenienti dall’industria di biossido di titanio, una alle modalità di vigilanza e controllo degli ambienti interessati dagli scarichi dell’industria del biossido di titanio”. Le conclusioni degli ambientalisti sono nette. “Secondo i documenti in nostro possesso – spiega Barocci – e leggendo quanto Tioxide ha scritto nell’accordo volontario, è la stessa azienda che prevede nel riuso dei gessi rossi, esclusivamente in cave, discariche e siti industriali già contaminati, la necessità di prevenire rischi per la tutela della salute e dell’ambiente. E’ la stessa Tioxide – sostiene ancora Barocci – ad aggiungere che i siti da sottoporre alle attività di recupero dei gessi devono essere conformi alle prescrizioni del Piano territoriale di coordinamento (Ptc, della Provincia) e non devono essere in zona di ricarica della falda destinata al consumo umano”. Non solo. Secondo gli ambientalisti “sono le stesse analisi prodotte da Tioxide a confermare che tale rifiuto non può godere delle procedure semplificate per un eventuale riuso”. Barocci si spinge più in là e cita anche le analisi effettuate da Arpat in base alle quali è stabilito che “l’utilizzo dei gessi rossi dovrà essere interdetto ogni qual volta si possono determinare contatti con materiali suscettibili di percolati acidi”. Barocci cita anche le conclusioni del verbale della riunione del 19 luglio 2005 relativa al recupero ambientale e morfologico con utilizzo di gessi rossi della cava di Molino nuovo, a Roccastrada. “I presenti al tavolo – dice Barocci citando dalle carte del verbale – convengono che il gesso rosso produce un eluato acquoso contenente manganese in concentrazioni significative”. La conseguenza che ne trae Barocci è che “c’è la consapevolezza che i gessi rossi possono inquinare e rendere imbevibili le acque potabili”. E non ci sarebbe solo la questione della concentrazione di manganese, ma anche di vanadio “tale – sostiene – da obbligare i proprietari dei terreni che usassero i gessi rossi come correttivo a bonificarli ai sensi della legge vigente”. Nessuna accusa, ribadisce, ma il desiderio “forte” che “gli enti pubblici preposti al controllo ci diano in tempi brevi risposte chiare ed esaustive”. In particolare su alcune domande: “E’ forse cambiato, dal 2004 ad oggi, il ciclo produttivo dei gessi rossi? Se così fosse, che sia reso di pubblico dominio con allegate le nuove analisi chimiche, che dimostrino incontestabilmente l’impossibilità per gli stessi di contaminare le falde sotterranee. Ma se così non fosse – insistono sia Barocci che Fedi – non riusciamo a capire come sia possibile che un rifiuto speciale possa essere accreditato come correttivo”. Barocci e Fedi si dicono, infine, stupiti “dei silenzi delle istituzioni”, ma anche del fatto che “nel 2004 Tioxide prescriveva che l’utilizzo dei gessi rossi non doveva essere eseguito in zone ove opera il dilavamento dell’acqua piovana o sono presenti falde acquifere e oggi consigli a tutti gli agricoltori l’utilizzo massiccio dei gessi”. Una domanda arriva anche da Francesco Viaggi, presidente provinciale di Coldiretti, che ha ospitato nella sua sede l’incontro degli ambientalisti con la stampa: “Le aziende agricole non hanno strumenti per verificare l’uso dei gessi rossi. Chiediamo chiarezza sulla composizione del prodotto”.