Replica a Marras sui gessi rossi della Tioxide

Standard

Il Tirreno del 28-06-2011, riporta la replica a Marras in merito ai gessi rossi della Tioxide.

Il Barocci replica a Marras sui gessi rossi della Tioxide «Il manganese è pericoloso lo dicono le leggi e l’Oms»

GROSSETO. Prosegue il botta e risposta sui gessi rossi. Stavolta è Roberto Barocci a replicare a Marras: «Abbiamo chiesto se le leggi fossero cambiate o se fossero cambiati i componenti nei gessi rossi, documentati nel 2005 dalla Tioxide. Lo abbiamo chiesto, anche a nome degli agricoltori, agli Enti pubblici, che sono indicati come i soggetti obbligati a controllare il corretto smaltimento dei rifiuti provenienti della produzione del biossido di titanio. Marras, che sembra ignorare il contenuto della suddetta legge, in evidente imbarazzo, ne cita altre: quelle relative ai concimi, che nulla hanno a vedere con la legislazione sui rifiuti. Né il comunicato della Provincia si azzarda a rispondere alla seconda domanda: se il contenuto chimico dei gessi rossi è cambiato rispetto a quanto documentato con l’accordo volontario sottoscritto nel 2005. Perchè si richiama il rispetto della sola legge sui concimi e non anche quella sui rifiuti? Perchè non si dice se è cambiata la composizione di tali rifiuti? Che ci siano poi degli elementi e composti quali i solfati, i cloruri, il manganese e il vanadio più o meno pericolosi, ciò dipende dalla loro concentrazione. Però, quando Marras ritiene che la loro presenza, anche se in concentrazione che supera i limiti di legge, non sia pericolosa e che sia giusto usarli come fertilizzanti, ci lascia sgomenti: non lo deve dire a noi che il manganese in quelle concentrazioni non è pericoloso, lo dica all’Oms e al legislatore europeo e italiano, che hanno fissato una concentrazione limite di tali sostanze nelle acque potabili e nei rifiuti riutilizzabili senza i rischi di inquinamento delle acque».

Una risposta dovuta

Standard

Abbiamo chiesto se le leggi fossero cambiate o se fossero cambiati i componenti nei Gessi Rossi, documentati nel 2005 dalla Tioxide. Lo abbiamo chiesto, anche a nome degli agricoltori, agli Enti pubblici, che secondo il D.Lgs.100/92, sono indicati come i soggetti obbligati a controllare il corretto smaltimento dei rifiuti provenienti della produzione del biossido di titanio.

Marras, che sembra ignorare il contenuto della suddetta legge, in evidente imbarazzo, ne cita altre: quelle relative ai concimi, che nulla hanno a vedere con la legislazione sui rifiuti. Né il comunicato della Provincia si azzarda a rispondere alla seconda domanda: se il contenuto chimico dei Gessi Rossi è cambiato rispetto a quanto documentato con l’Accordo Volontario sottoscritto nel 2005. Perchè si richiama il rispetto della sola legge sui concimi e non anche quella sui rifiuti?

Perchè non si dice se è cambiata la composizione di tali rifiuti? Che ci siano poi degli elementi e composti quali i Solfati, i Cloruri, il Manganese e il Vanadio più o meno pericolosi, ciò dipende dalla loro concentrazione. Però, quando Marras ritiene che la loro presenza, anche se in concentrazione che supera i limiti di legge, non sia pericolosa e che sia giusto usarli come fertilizzanti, ci lascia sgomenti: non lo deve dire a noi che il Manganese in quelle concentrazioni non è pericoloso, lo dica all’Organizzazione Mondiale della Sanità e al legislatore europeo e italiano, che hanno fissato una concentrazione limite di tali sostanza nelle acque potabili e nei rifiuti riutilizzabili senza i rischi di inquinamento delle acque!

A questo punto, poiché Marras e l’ass.Siveri rispondono con tanta leggerezza, citando una verifica dell’Arpat fatta su prelievi di acqua non validi, in quanto non sono né a monte e né a valle delle cave di Montioni, pensiamo che non ci sia spazio per una discussione costruttiva: verificheranno la Magistratura e altri organismi di controllo se tutto sta avvenendo nel rispetto delle leggi. Ma la Provincia pretende di accreditare persino un bilancio positivo dell’azione amministrativa degli enti pubblici in fatto di tutela delle risorse idriche. Nulla è più ridicolo.

A conferma del fallimento dell’azione amministrativa, ricordiamo i dati che testimoniano l’inquinamento persistente e pericoloso nelle falde idriche a valle idrogeologica dei siti già certificati come bonificati. I numeri di un crescente inquinamento non sono opinabili e se dopo 20 anni l’Arpat, a termine del suo Rapporto del 2008, dopo che ha precedentemente avallato l’approvazione di progetti di bonifica sempre parziali, è costretta a scrivere che nella piana di Scarlino “è necessario valutare l’opportunità di ricercare altri focolai di contaminazione delle acque di falda ancora attivi”, c’è da crederci. Basti pensare alle ceneri di pirite usate come inerte (!), perché così chiedeva l’Eni e così certificava la Provincia, e depositate come materiale bonificatore dei bacini fanghi ella Solmine!! La legge non consente, come sostiene l’ass. Siveri, che alcune falde idriche siano da considerare perse e non recuperabili per fini potabili, a meno che non si voglia riaccreditare la periodica e ridicola menzogna delle anomalie naturali, sempre e tutte concentrate nella zona del Casone di Scarlino. E’ vero che questi siti hanno subito anni di monitoraggio, ma Marras non dice che si sono volutamente ignorati i dati del persistente inquinamento. Perché si è lasciato che l’Eni si scaricasse di ogni responsabilità nella mancata bonifica, cedendo al Comune di Scarlino in permuta quei terreni, oggi ancora da bonificare a spese della collettività, che nel frattempo ha perso una risorsa fondamentale alla sua sopravvivenza? Questo è bilancio fallimentare a carico della collettività, ma i responsabili hanno fatto tutti carriera politica e Marras lo sa bene”.

Roberto Barocci, Forum Ambientalista di Grosseto
Renzo Fedi, Coldiretti sezione di Follonica

Gli ambientalisti tirano fuori le carte

Standard

Il corriere di Maremma del 24-06-2011, riporta i dati della Conferenza Stampa tenuta nella sede della Federazione provinciale Coldiretti di Grosseto, giovedì 23 giugno 2011.

Gli ambientalisti tirano fuori le carte e chiedono “chiarezza e trasparenza” a Tioxide e istituzioni
Esposto sui gessi rossi in agricoltura
Barocci: “Restano rifiuti speciali, non possono essere usati come correttivi”

GROSSETO – Nessuna volontà di accusare, nè di “gettare nuovo carburante” sul fuoco delle polemiche. Solo la richiesta di “chiarezza e trasparenza” sull’uso dei gessi rossi della Tioxide in agricoltura, come correttivo di anomalie nei terreni. La domanda arriva da Roberto Barocci a nome del forum ambientalista di Grosseto, e da Renzo Fedi della Coldiretti. Che ieri hanno incontrato la stampa per illustrare le ragioni della loro “incredulità e preoccupazione” per il “silenzio delle istituzioni preposte (Regione, Arpat, Provincia, Asl)” e per annunciare un esposto alla Procura per sapere “se ad insaputa dei più sono cambiate le leggi, oppure sono cambiati i processi produttivi, oppure cosa ha trasformato rifiuti speciali, non recuperabili con procedure semplificate, in fertilizzanti”. Domande alle quali gli ambientalisti sperano seguano risposte convincenti, dal momento che rilevano discrepanze fra quanto fu sancito nel 2004 nell’accordo volontario fra Tioxide, Regione, Provincia e Comuni (ovvero i gessi rossi come rifiuti speciali “utilizzabili – ricorda Barocci – solo dopo attente prescrizioni e verifiche, ma come copertura di cave di gesso, discariche e bonifica di siti industriali”), e l’ottenimento, nel 2010, da parte di Tioxide dal Ministero delle Politiche agricole della registrazione dei gessi rossi come correttivo di anomalie dei terreni, col nome commerciale di Agrigess. La Tioxide, con sede a Scarlino, è un’azienda leader in Italia nella produzione di biossido di titanio, che a sua volta produce come sottoprodotto il gesso. Dal 2010, in ragione dell’autorizzazione ministeriale, può conferire i gessi rossi agli agricoltori come correttivi. Secondo gli ambientalisti, però, i gessi rossi sono rifiuti speciali e se il Ministero ha concesso la loro registrazione come correttivo “è perchè – sostiene Barocci – la Tioxide ha fatto riferimento alla sola normativa sui fertilizzanti, che limita a sette elementi pericolosi la verifica sul contenuto massimo ammissibile di metalli pesanti tossici e nocivi”. Tuttavia, ricorda ancora Barocci, “la Tioxide nel 2004 ha sottoscritto un accordo volontario che ha classificato i gessi rossi come rifiuti speciali, sottoscrivendo altresì “che tale gesso rosso può essere causa di inquinamento delle acque”. A supporto, Barocci ha raccolto una copiosa documentazione, contenente fra gli altri l’accordo volontario del 2004, il verbale di Arpat di una riunione del luglio 2005 per il “recupero ambientale e morfologico con utilizzo dei gessi rossi” e tabelle di confronto fra i contenuti dei gessi rossi e le leggi in vigore. Gli ambientalisti, infatti, condividono la definizione dei gessi come rifiuti speciali “dal momento che – dice Barocci – l’accordo volontario del 2004 è conforme al decreto legislativo 100 del ’92, che recepiva specifiche direttive della Cee emanate a partire dal 1978 relative, una ai rifiuti provenienti dall’industria di biossido di titanio, una alle modalità di vigilanza e controllo degli ambienti interessati dagli scarichi dell’industria del biossido di titanio”. Le conclusioni degli ambientalisti sono nette. “Secondo i documenti in nostro possesso – spiega Barocci – e leggendo quanto Tioxide ha scritto nell’accordo volontario, è la stessa azienda che prevede nel riuso dei gessi rossi, esclusivamente in cave, discariche e siti industriali già contaminati, la necessità di prevenire rischi per la tutela della salute e dell’ambiente. E’ la stessa Tioxide – sostiene ancora Barocci – ad aggiungere che i siti da sottoporre alle attività di recupero dei gessi devono essere conformi alle prescrizioni del Piano territoriale di coordinamento (Ptc, della Provincia) e non devono essere in zona di ricarica della falda destinata al consumo umano”. Non solo. Secondo gli ambientalisti “sono le stesse analisi prodotte da Tioxide a confermare che tale rifiuto non può godere delle procedure semplificate per un eventuale riuso”. Barocci si spinge più in là e cita anche le analisi effettuate da Arpat in base alle quali è stabilito che “l’utilizzo dei gessi rossi dovrà essere interdetto ogni qual volta si possono determinare contatti con materiali suscettibili di percolati acidi”. Barocci cita anche le conclusioni del verbale della riunione del 19 luglio 2005 relativa al recupero ambientale e morfologico con utilizzo di gessi rossi della cava di Molino nuovo, a Roccastrada. “I presenti al tavolo – dice Barocci citando dalle carte del verbale – convengono che il gesso rosso produce un eluato acquoso contenente manganese in concentrazioni significative”. La conseguenza che ne trae Barocci è che “c’è la consapevolezza che i gessi rossi possono inquinare e rendere imbevibili le acque potabili”. E non ci sarebbe solo la questione della concentrazione di manganese, ma anche di vanadio “tale – sostiene – da obbligare i proprietari dei terreni che usassero i gessi rossi come correttivo a bonificarli ai sensi della legge vigente”. Nessuna accusa, ribadisce, ma il desiderio “forte” che “gli enti pubblici preposti al controllo ci diano in tempi brevi risposte chiare ed esaustive”. In particolare su alcune domande: “E’ forse cambiato, dal 2004 ad oggi, il ciclo produttivo dei gessi rossi? Se così fosse, che sia reso di pubblico dominio con allegate le nuove analisi chimiche, che dimostrino incontestabilmente l’impossibilità per gli stessi di contaminare le falde sotterranee. Ma se così non fosse – insistono sia Barocci che Fedi – non riusciamo a capire come sia possibile che un rifiuto speciale possa essere accreditato come correttivo”. Barocci e Fedi si dicono, infine, stupiti “dei silenzi delle istituzioni”, ma anche del fatto che “nel 2004 Tioxide prescriveva che l’utilizzo dei gessi rossi non doveva essere eseguito in zone ove opera il dilavamento dell’acqua piovana o sono presenti falde acquifere e oggi consigli a tutti gli agricoltori l’utilizzo massiccio dei gessi”. Una domanda arriva anche da Francesco Viaggi, presidente provinciale di Coldiretti, che ha ospitato nella sua sede l’incontro degli ambientalisti con la stampa: “Le aziende agricole non hanno strumenti per verificare l’uso dei gessi rossi. Chiediamo chiarezza sulla composizione del prodotto”.

Grosseto Coldiretti e Forum contro Tioxide

Standard

La nazione del 24-06-2011, riporta i dati della Conferenza Stampa tenuta nella sede della Federazione provinciale Coldiretti di Grosseto, giovedì 23 giugno 2011.

Grosseto Coldiretti e Forum contro Tioxide «I gessi-fertilizzanti? Un rifiuto speciale»
L’ESPOSTO DOSSIER IN PROCURA: «PERICOLO MANGANESE E VANADIO NELLE FALDE»

«I GESSI rossi che lo stabilimento chimico Tioxide commercializza come fertilizzanti per l’agricoltura sono rifiuti speciali a tutti gli effetti, dunque dovrebbero essere sottoposti a una specifica normativa. In particolare per la presenza di manganese e vanadio». Di conseguenza non basta — a detta degli ambientalisti — l’autorizzazione che l’azienda ha ottenuto dal ministero dell’Agricoltura per vendere ai coltivatori gli scarti del processo produttivo. E così gli esponenti del Forum Ambientalista della Provincia di Grosseto e i vertici locali di Coldiretti annunciano di voler presentare un esposto in Procura: «Vogliamo sapere — chiedono Roberto Barocci (per il Forum) e Renzo Fedi (per Coldiretti Follonica) — se sono cambiate le leggi o i processi produttivi. Oppure che cosa ha trasformato rifiuti speciali (non recuperabili con procedure semplificate) in fertilizzanti. Starà poi all’autorità giudiziaria stabilire se esistono responsabilità a carico di qualcuno». Gli ambientalisti e i rappresentanti degli agricoltori partono da lontano e mostrano documenti redatti dalla stessa Tioxide nel 2004/2005, quando cioè l’azienda chimica di Scarlino—leader nella produzione di biossido di titanio —intendeva smaltire i gessi stoccandoli in una cava di Roccastrada: «In quell’occasione — ricordano al Forum e a Coldiretti—l’azienda stipulò un accordo con la Regione, la Provincia, i Comuni, l’Arpat l’Asl, in attuazione delle direttive comunitarie riferite all’inquinamento provocato dai rifiuti dell’industria del biossido di titanio. E le sostanze sicuramente pericolose, come riconosciuto e ammesso dalla stessa Tioxide, sono il manganese, i solfuri, i cloruri e il vanadio. Fu la stessa azienda a prevedere l’impiego dei gessi esclusivamente in cave, discariche e siti industriali già contaminati, a condizione di compiere ogni volta una verifica preventiva per accertare la compatibilità dei terreni. Escludendo comunque il contatto con le falde acquifere, visto che Tioxide ha sottoscritto che i gessi possono essere causa di inquinamento delle acque». L’allarme riguarda alcune sostanze i cui effetti sono noti: «Il manganese nell’acqua—fanno sapere al Forum e alla Coldiretti—riduce le capacità intellettive nei bambini. E il vanadio è ancor più pericoloso: non c’è un valore tollerabile». Sugli stessi gessi, ora, la Tioxide ha ottenuto dal ministero delle Politiche agricole «la registrazione del rifiuto speciale gesso rosso quale fertilizzante con il nome commerciale di Agrigess. Anni fa — ricordano — sosteneva che può essere causa di inquinamento delle acque, oggi consiglia di distribuirlo in dosi di 10-20 tonnellate a ettaro: ci allarma che nessun organo di controllo abbia sollevato questa contraddizione».

«NON VOGLIAMO accusare nessuno, ma desideriamo fortemente che gli enti pubblici preposti al controllo (a partire dall’assessorato all’ambiente della Regione Toscana, la Provincia di Grosseto e l’Arpat) ci diano in tempi brevi risposte chiare. Una domanda — concludono Roberto Barocci e Renzo Fedi—è inevitabile: sono rifiuti (e come tali sottoposti a specifica normativa che prevede l’analisi di tutti i componenti in riferimento ai limiti di legge), oppure sono un correttivo utile in agricoltura come un normale sacchetto di potassio o calcio di origine naturale? Chiediamo verifiche».

g.d.

I gessi rossi si tingono di giallo

Standard

Il Tirreno del 24-06-2011, riporta i dati della Conferenza Stampa tenuta nella sede della Federazione provinciale Coldiretti di Grosseto, giovedì 23 giugno 2011.

I gessi rossi si tingono di giallo «Ieri pericolosi, oggi venduti come concimi. Possibile?»
Gli ambientalisti «Tioxide stessa nel 2005 indicò presenza di sostanze non salutari Ora ok per l’agricoltura: è cambiato qualcosa?»

GROSSETO. Non sarebbero buoni per riempire la cava del Molino Novo a Roccastrada – troppe le prescrizioni per poterli utilizzare senza rischi per la salute – ma sono perfetti come fertilizzanti per la “correzione” dei terreni agricoli. Su questa duplice caratteristica dei gessi rossi (scarti industriali della Tioxide di Scarlino, dal 2010 approvati dal ministero delle politiche agricole come fertilizzante) c’è chi in Maremma storce il naso.
Per esempio Roberto Barocci, del Forum Ambientalista di Grosseto, e Renzo Fedi, di Coldiretti Follonica. I quali annunciano che per fare luce su questa realtà, apparentemente schizofrenica, è stato presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Grosseto. «La Tioxide – spiega Barocci – ha ottenuto dal ministero delle politiche agricole la registrazione del rifiuto speciale gesso rosso, quale correttivo di anomalie nei terreni, con il nome commerciale di “Agrigess”. Un’autorizzazione – incalza Barocci – che è stata possibile perché le analisi richieste dalla normativa sui concimi sono limitate alla verifica della presenza di soli 7 elementi pericolosi sul contenuto massimo ammissibile di metalli pesanti tossici e nocivi». E in questi 7 elementi Agrigess è perfettamente dentro i parametri.
Ma, si chide Barocci, questi gessi rossi sono dello stesso tipo di quelli del 2005 o le loro componenti sono cambiate? Perché cinque anni fa erano un rifiuto speciale nel quale – stando alle analisi prodotte dlla stessa azienda e allegate all’accordo volontario firmato nel 2004 da Tioxide per il riutilizzo di gessi rossi in attività di ripristino ambientale – oltre ai famosi 7 elementi c’erano anche altre sostanze pericolose per la salute, come manganese e vanadio, del quale ultimo in particolare – ha spiegato Barocci – non esisterebbe una quantità massima tollerabile, a parte quella naturalmente contenuta negli alimenti, tanto che sarebbero stati ritirati dal commercio integratori e farmaci omeopatici che contenevano proprio vanadio.
Dall’analisi della documentazione allegata all’accordo emerge che «è la stessa Tioxide – spiega Barocci – a prevedere, per il riuso dei gessi rossi, solo in cave, discariche e siti industriali già contaminati, la necessità di “prevenire rischi per la tutela della salute e dell’ambiente” compiendo a sue spese, ogni volta, una verifica preventiva in loco per accertare la compatibilità, da realizzare tramite il soggetto pubblico Arpat, che non può autorizzare tale uso se non con un accertamento su ciascun terreno in cui si intende collocare tali gessi. È pertanto la stessa Tioxide che nega la possibilità che un qualunque acquirente dei gessi rossi possa utilizzarli nei terreni senza una preventiva verifica di compatibilità ambientale».
E nel 2005, in un verbale di una riunione per il recupero ambientale della cava di Molino Nuovo di Roccastrada, un allegato sottolinea la necessità di adottare «opportuni accorgimenti rivolti ad evitare azioni di dilavamento della massa gessosa da parte delle acque sotterranee e delle acque meteoriche».
«Poiché – dice Barocci – negli scorsi anni la stessa Tioxide ha sottoscritto che tale gesso rosso può essere causa di inquinamento delle acque, potendo essere oggi distribuito in dosi consigliate dalla stessa Tioxide di 10-20 tonnellate ad ettaro, ci lascia increduli e allarmati che nessun organo di controllo abbia sollevato questa contraddizione».
Una situazione che preoccupa anche Coldiretti, e il suo presidente Francesco Viaggi chiede che sia fatta chiarezza proprio per quegli agricoltori ai quali l’utilizzo di questo fertilizzante è stato consigliato. E qualcuno avrebbe anche già iniziato a utilizzarlo, ma Renzo Fedi avverte che segnalerà alle autorità tutti coloro che distribuiranno i gessi rossi sui loro terreni.
E.P.