Replica agli articoli promossi da Riccardo D’Ambra

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Il quotidiano on line 0566news del 18-02-2012 riporta in un articolo la mia replica agli articoli promossi da Riccardo D’Ambra e pubblicati dalla stampa locale nei giorni del 16 e del 17 febbraio 2012.

Confermo che la storia delle ceneri di pirite dell’Eni ha molti punti in comune con quella dei gessi rossi Tioxide: entrambi rifiuti con contenuti pericolosi per la salute, prodotti al Casone; entrambi proposti come ammendanti e distribuiti sul territorio circostante; entrambi autorizzati al riuso aggirando le norme sui rifiuti; in entrambi i casi c’è un D’Ambra che favorisce o sostiene questi progetti. Sui gessi rossi è storia recente e sono in corso indagini. Per le ceneri di pirite il dott. Luciano D’Ambra ha sottoscritto certificati d’analisi per conto dei collaudatori delle opere di bonifica sui bacini Solmine. La sua firma, infatti, è posta su molti certificati, che tra il ’88 e il ’95 accompagnavano le relazioni dei collaudatori stessi. Ho sostenuto che il chimico Luciano D’Ambra viene indicato, in un Rapporto1 di Polizia Giudiziaria sul caso Merse inoltrato al magistrato, come colui che ha redatto certificati di analisi non validi, essendo svolti con metodi di indagine diversi da quelli prescritti dalla legge sia per quel tipo di rifiuto, sia per la collocazione dello stesso rifiuto nel territorio. Tale metodo illegittimo, per i motivi appena detti, produceva risultati analitici non veritieri circa la reale pericolosità e tossicità delle ceneri di pirite, che venivano collocate in quegli anni, come “inerti”, sia nella piana di Scarlino a copertura dei bacini Solmine, sia nella miniera di Campiano. Secondo legge, la scelta delle tipologie o modalità di analisi competono non ai committenti, che ovviamente non sono responsabili dei dati certificati, ma agli analisti. Tant’è che non sono i committenti a firmare e sottoscrivere i certificati delle analisi, ma sono, come tutti sanno, gli analisti, i quali debbono essere abilitati allo scopo. L’uso delle ceneri di pirite, autorizzato sulla base di tali certificazioni, è già stato definito, da uno dei Magistrati inquirenti, come uno “scellerato progetto”. Non ho alcun motivo di dubitare della attendibilità del suddetto Rapporto in quanto la ricostruzione dei fatti è giudicata “ben condensata” a parere del GIP, mentre a parere del Pm viene definita “minuziosa quanto pregevole”. In quegli stessi anni il Ministro dell’Ambiente, la Regione Toscana e la Provincia di Grosseto avevano prodotto valutazioni pubbliche che definivano le ceneri Eni rifiuti“tossici e nocivi”. Ciò è confermato da molte Consulenze dei periti del Magistrato.

Il prof Donati è stato chiamato in causa da Riccardo D’Ambra affinché smentisse quanto da me sostenuto. Ma il prof. Donati non può smentire. Infatti scrive:”Non ho nemmeno presente di quali analisi stia parlando Barocci.”. E’ evidente quindi che al prof Donati non sono stati neppure forniti i documenti sui quali gli si chiedeva un   parere. Il prof. Donati precisa inoltre lo scopo del suo studio, che ha altri obiettivi. Ma indirettamente il suo studio conferma quanto sostengo da molti anni circa la non validità delle bonifiche certificate e collaudate come valide. Infatti ho scritto e pubblicato, in una recente Conferenza stampa, che il prof. Donati, attraverso dati recenti e analisi sui trend statistici, quindi anche storici, ha confermato la perdurante cessione in falda di inquinanti, provenienti da quei terreni certificati come “bonificati” e, quindi, indirettamente, ha confermato la non validità di quelle bonifiche. Ho da anni sostenuto che le bonifiche certificate e collaudate come valide sui bacini Solmine sono false, sulla base sia della corretta caratterizzazione chimica delle ceneri di pirite, sia sulla base dei successivi certificati di monitoraggio, che dal ’97 al 2007 sono stati realizzati da altri chimici. Questi hanno fornito i risultati concreti dell’uso delle ceneri di pirite come materiale di copertura di quei siti, certificando una perdurante cessione alla falda idrica di sostanze cancerogene fuori norma. Sta di fatto che quelle bonifiche, inefficaci, sono state, prima, collaudate come valide e poi certificate ancora come valide dalla Provincia. Quindi da parte mia nessuna volontà diffamatoria, ma la presentazione dei fatti, come risultano dalla documentazione autorevole citata. Ritengo doveroso intervenire onde evitare che fatti tanto gravi si possano ripetere.
Roberto Barocci,

Forum Ambientalista Grosseto

nota

1Rapporto n° 1334 di Polizia Giudiziaria del 20.12.2001 inoltrato al S.Proc. dott. Vincenzo Pedone in riferimento al Procedimento Penale N.01/3235

I gessi rossi son rifiuti pericolosi

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In risposta a quanti di recente sono intervenuti sulla stampa e in rete per sostenere l’utilità della vendita e dell’uso in agricoltura di tali rifiuti pericolosi.

L’equivoco che consente di giustificare l’uso in agricoltura dei gessi Tioxide sta in queste frasi : “Supponiamo di usare la dose massima consigliata…” e si distribuiscono “una volta ogni X anni..”.

Chi è esperto di medicinali ci potrebbe insegnare come tutta una serie di farmaci, se presi nelle dosi “consigliate” curano un male, ma in dosi eccessive ammazzano, perché sono dei potenti veleni, ripeto VELENI, come sono rifiuti PERICOLOSI i gessi Tioxide, secondo la legge vigente sui rifiuti.

Altro esempio calzante sono i vaccini, che, se si iniettano in piccole dosi su un bimbo sano, si provoca nell’organismo una reazione di anticorpi, utile e preventiva; ma se le stesse dosi sono iniettate su un organismo debole, oppure ammalato sono causa di gravi conseguenze. Per tutti questi motivi certi medicinali o vaccini sono usabili solo da medici, solo in ospedale, acquistabili solo con ricette del medico e solo se venduti da un farmacista abilitato.

Perchè un vaccino contro il vaiolo non è vendibile al supermercato? Perché questo elementare concetto non dovrebbe valere per i rifiuti pericolosi? Chi può garantire il loro corretto dosaggio, il trasporto in sicurezza, lo stoccaggio in un magazzino non accessibile ad altri? I consiglieri della Tioxide?

Altro esempio, ma potrei fartene tanti: ci sono occorsi molti incidenti mortali per avere la regola che in certi tratti stradali, particolarmente sensibili, è vietato transitare liberamente con carichi di rifiuti pericolosi, che, solo se scortati, possono transitare.

I dirigenti ENI della Nuova Solmine Spa avevano presentato alla Regione un lungo studio per affermare che le CENERI DI PIRITE potevano essere considerate anche un discreto fertilizzante e/o ammendante, se usate in dosi “consigliate”, cioè solamente se diluite o se sottoposte a trattamenti chimici o termici…Ma la Procura di Grosseto ha già svelato questo come uno “scellerato progetto”.

Il chimico Luciano D’AMBRA per diversi anni, intorno alla fine degli anni ottanta, primi anni novanta, ha certificato analisi su eluati e su acque di falda per conto dei collaudatori in corso d’opera delle false bonifiche realizzate da Nuova Solmine SPA sulla Cassa Sterili, Bacini fanghi, nonchè sul famoso Stock provvisorio di ceneri di pirite.

Secondo tale dott. Luciano D’AMBRA tutto era regolare e a norma, ma nel primo anno del suo incarico ha commesso un errore, accuratamente evitato in tutte le relazioni da lui firmate negli anni successivi.
Infatti, assieme ai bollettini di analisi, aggiunse quella volta anche una nota sulla tecnica di prova: “Test di cessione con acqua satura di CO 2, previsto dalle normative vigenti…”. Si legge prima della sua firma e timbro.

Sappiamo oggi che con tale modalità si sono per anni falsati i risultati circa la reale presenza e cessione di Arsenico al terreno e pericolosità delle ceneri.

La Magistratura (vedi Relazione di P.G. agli atti del Procedimento penale sull’inquinamento del Merse n° 01/3235) ha poi accertato che l’uso delle ceneri in agricoltura non era consentito e che quelle modalità di analisi effettuate dal dott. Luciano D’AMBRA non erano a norma di legge in quanto le normative, al tempo vigenti, richiedevano per le ceneri di pirite test di cessione con acido acetico, che davano eluati sulle ceneri fuori norma e che, però, erano molto più verosimili alle condizioni che erano presenti in zona, con l’acidità prodotta dai fini di pirite e dalla sostanza organica.

Mi sembra che sia stia ripetendo una storia già nota.

Replica a Marras sui gessi rossi della Tioxide

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Il Tirreno del 28-06-2011, riporta la replica a Marras in merito ai gessi rossi della Tioxide.

Il Barocci replica a Marras sui gessi rossi della Tioxide «Il manganese è pericoloso lo dicono le leggi e l’Oms»

GROSSETO. Prosegue il botta e risposta sui gessi rossi. Stavolta è Roberto Barocci a replicare a Marras: «Abbiamo chiesto se le leggi fossero cambiate o se fossero cambiati i componenti nei gessi rossi, documentati nel 2005 dalla Tioxide. Lo abbiamo chiesto, anche a nome degli agricoltori, agli Enti pubblici, che sono indicati come i soggetti obbligati a controllare il corretto smaltimento dei rifiuti provenienti della produzione del biossido di titanio. Marras, che sembra ignorare il contenuto della suddetta legge, in evidente imbarazzo, ne cita altre: quelle relative ai concimi, che nulla hanno a vedere con la legislazione sui rifiuti. Né il comunicato della Provincia si azzarda a rispondere alla seconda domanda: se il contenuto chimico dei gessi rossi è cambiato rispetto a quanto documentato con l’accordo volontario sottoscritto nel 2005. Perchè si richiama il rispetto della sola legge sui concimi e non anche quella sui rifiuti? Perchè non si dice se è cambiata la composizione di tali rifiuti? Che ci siano poi degli elementi e composti quali i solfati, i cloruri, il manganese e il vanadio più o meno pericolosi, ciò dipende dalla loro concentrazione. Però, quando Marras ritiene che la loro presenza, anche se in concentrazione che supera i limiti di legge, non sia pericolosa e che sia giusto usarli come fertilizzanti, ci lascia sgomenti: non lo deve dire a noi che il manganese in quelle concentrazioni non è pericoloso, lo dica all’Oms e al legislatore europeo e italiano, che hanno fissato una concentrazione limite di tali sostanze nelle acque potabili e nei rifiuti riutilizzabili senza i rischi di inquinamento delle acque».

Una risposta dovuta

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Abbiamo chiesto se le leggi fossero cambiate o se fossero cambiati i componenti nei Gessi Rossi, documentati nel 2005 dalla Tioxide. Lo abbiamo chiesto, anche a nome degli agricoltori, agli Enti pubblici, che secondo il D.Lgs.100/92, sono indicati come i soggetti obbligati a controllare il corretto smaltimento dei rifiuti provenienti della produzione del biossido di titanio.

Marras, che sembra ignorare il contenuto della suddetta legge, in evidente imbarazzo, ne cita altre: quelle relative ai concimi, che nulla hanno a vedere con la legislazione sui rifiuti. Né il comunicato della Provincia si azzarda a rispondere alla seconda domanda: se il contenuto chimico dei Gessi Rossi è cambiato rispetto a quanto documentato con l’Accordo Volontario sottoscritto nel 2005. Perchè si richiama il rispetto della sola legge sui concimi e non anche quella sui rifiuti?

Perchè non si dice se è cambiata la composizione di tali rifiuti? Che ci siano poi degli elementi e composti quali i Solfati, i Cloruri, il Manganese e il Vanadio più o meno pericolosi, ciò dipende dalla loro concentrazione. Però, quando Marras ritiene che la loro presenza, anche se in concentrazione che supera i limiti di legge, non sia pericolosa e che sia giusto usarli come fertilizzanti, ci lascia sgomenti: non lo deve dire a noi che il Manganese in quelle concentrazioni non è pericoloso, lo dica all’Organizzazione Mondiale della Sanità e al legislatore europeo e italiano, che hanno fissato una concentrazione limite di tali sostanza nelle acque potabili e nei rifiuti riutilizzabili senza i rischi di inquinamento delle acque!

A questo punto, poiché Marras e l’ass.Siveri rispondono con tanta leggerezza, citando una verifica dell’Arpat fatta su prelievi di acqua non validi, in quanto non sono né a monte e né a valle delle cave di Montioni, pensiamo che non ci sia spazio per una discussione costruttiva: verificheranno la Magistratura e altri organismi di controllo se tutto sta avvenendo nel rispetto delle leggi. Ma la Provincia pretende di accreditare persino un bilancio positivo dell’azione amministrativa degli enti pubblici in fatto di tutela delle risorse idriche. Nulla è più ridicolo.

A conferma del fallimento dell’azione amministrativa, ricordiamo i dati che testimoniano l’inquinamento persistente e pericoloso nelle falde idriche a valle idrogeologica dei siti già certificati come bonificati. I numeri di un crescente inquinamento non sono opinabili e se dopo 20 anni l’Arpat, a termine del suo Rapporto del 2008, dopo che ha precedentemente avallato l’approvazione di progetti di bonifica sempre parziali, è costretta a scrivere che nella piana di Scarlino “è necessario valutare l’opportunità di ricercare altri focolai di contaminazione delle acque di falda ancora attivi”, c’è da crederci. Basti pensare alle ceneri di pirite usate come inerte (!), perché così chiedeva l’Eni e così certificava la Provincia, e depositate come materiale bonificatore dei bacini fanghi ella Solmine!! La legge non consente, come sostiene l’ass. Siveri, che alcune falde idriche siano da considerare perse e non recuperabili per fini potabili, a meno che non si voglia riaccreditare la periodica e ridicola menzogna delle anomalie naturali, sempre e tutte concentrate nella zona del Casone di Scarlino. E’ vero che questi siti hanno subito anni di monitoraggio, ma Marras non dice che si sono volutamente ignorati i dati del persistente inquinamento. Perché si è lasciato che l’Eni si scaricasse di ogni responsabilità nella mancata bonifica, cedendo al Comune di Scarlino in permuta quei terreni, oggi ancora da bonificare a spese della collettività, che nel frattempo ha perso una risorsa fondamentale alla sua sopravvivenza? Questo è bilancio fallimentare a carico della collettività, ma i responsabili hanno fatto tutti carriera politica e Marras lo sa bene”.

Roberto Barocci, Forum Ambientalista di Grosseto
Renzo Fedi, Coldiretti sezione di Follonica

Gli ambientalisti tirano fuori le carte

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Il corriere di Maremma del 24-06-2011, riporta i dati della Conferenza Stampa tenuta nella sede della Federazione provinciale Coldiretti di Grosseto, giovedì 23 giugno 2011.

Gli ambientalisti tirano fuori le carte e chiedono “chiarezza e trasparenza” a Tioxide e istituzioni
Esposto sui gessi rossi in agricoltura
Barocci: “Restano rifiuti speciali, non possono essere usati come correttivi”

GROSSETO – Nessuna volontà di accusare, nè di “gettare nuovo carburante” sul fuoco delle polemiche. Solo la richiesta di “chiarezza e trasparenza” sull’uso dei gessi rossi della Tioxide in agricoltura, come correttivo di anomalie nei terreni. La domanda arriva da Roberto Barocci a nome del forum ambientalista di Grosseto, e da Renzo Fedi della Coldiretti. Che ieri hanno incontrato la stampa per illustrare le ragioni della loro “incredulità e preoccupazione” per il “silenzio delle istituzioni preposte (Regione, Arpat, Provincia, Asl)” e per annunciare un esposto alla Procura per sapere “se ad insaputa dei più sono cambiate le leggi, oppure sono cambiati i processi produttivi, oppure cosa ha trasformato rifiuti speciali, non recuperabili con procedure semplificate, in fertilizzanti”. Domande alle quali gli ambientalisti sperano seguano risposte convincenti, dal momento che rilevano discrepanze fra quanto fu sancito nel 2004 nell’accordo volontario fra Tioxide, Regione, Provincia e Comuni (ovvero i gessi rossi come rifiuti speciali “utilizzabili – ricorda Barocci – solo dopo attente prescrizioni e verifiche, ma come copertura di cave di gesso, discariche e bonifica di siti industriali”), e l’ottenimento, nel 2010, da parte di Tioxide dal Ministero delle Politiche agricole della registrazione dei gessi rossi come correttivo di anomalie dei terreni, col nome commerciale di Agrigess. La Tioxide, con sede a Scarlino, è un’azienda leader in Italia nella produzione di biossido di titanio, che a sua volta produce come sottoprodotto il gesso. Dal 2010, in ragione dell’autorizzazione ministeriale, può conferire i gessi rossi agli agricoltori come correttivi. Secondo gli ambientalisti, però, i gessi rossi sono rifiuti speciali e se il Ministero ha concesso la loro registrazione come correttivo “è perchè – sostiene Barocci – la Tioxide ha fatto riferimento alla sola normativa sui fertilizzanti, che limita a sette elementi pericolosi la verifica sul contenuto massimo ammissibile di metalli pesanti tossici e nocivi”. Tuttavia, ricorda ancora Barocci, “la Tioxide nel 2004 ha sottoscritto un accordo volontario che ha classificato i gessi rossi come rifiuti speciali, sottoscrivendo altresì “che tale gesso rosso può essere causa di inquinamento delle acque”. A supporto, Barocci ha raccolto una copiosa documentazione, contenente fra gli altri l’accordo volontario del 2004, il verbale di Arpat di una riunione del luglio 2005 per il “recupero ambientale e morfologico con utilizzo dei gessi rossi” e tabelle di confronto fra i contenuti dei gessi rossi e le leggi in vigore. Gli ambientalisti, infatti, condividono la definizione dei gessi come rifiuti speciali “dal momento che – dice Barocci – l’accordo volontario del 2004 è conforme al decreto legislativo 100 del ’92, che recepiva specifiche direttive della Cee emanate a partire dal 1978 relative, una ai rifiuti provenienti dall’industria di biossido di titanio, una alle modalità di vigilanza e controllo degli ambienti interessati dagli scarichi dell’industria del biossido di titanio”. Le conclusioni degli ambientalisti sono nette. “Secondo i documenti in nostro possesso – spiega Barocci – e leggendo quanto Tioxide ha scritto nell’accordo volontario, è la stessa azienda che prevede nel riuso dei gessi rossi, esclusivamente in cave, discariche e siti industriali già contaminati, la necessità di prevenire rischi per la tutela della salute e dell’ambiente. E’ la stessa Tioxide – sostiene ancora Barocci – ad aggiungere che i siti da sottoporre alle attività di recupero dei gessi devono essere conformi alle prescrizioni del Piano territoriale di coordinamento (Ptc, della Provincia) e non devono essere in zona di ricarica della falda destinata al consumo umano”. Non solo. Secondo gli ambientalisti “sono le stesse analisi prodotte da Tioxide a confermare che tale rifiuto non può godere delle procedure semplificate per un eventuale riuso”. Barocci si spinge più in là e cita anche le analisi effettuate da Arpat in base alle quali è stabilito che “l’utilizzo dei gessi rossi dovrà essere interdetto ogni qual volta si possono determinare contatti con materiali suscettibili di percolati acidi”. Barocci cita anche le conclusioni del verbale della riunione del 19 luglio 2005 relativa al recupero ambientale e morfologico con utilizzo di gessi rossi della cava di Molino nuovo, a Roccastrada. “I presenti al tavolo – dice Barocci citando dalle carte del verbale – convengono che il gesso rosso produce un eluato acquoso contenente manganese in concentrazioni significative”. La conseguenza che ne trae Barocci è che “c’è la consapevolezza che i gessi rossi possono inquinare e rendere imbevibili le acque potabili”. E non ci sarebbe solo la questione della concentrazione di manganese, ma anche di vanadio “tale – sostiene – da obbligare i proprietari dei terreni che usassero i gessi rossi come correttivo a bonificarli ai sensi della legge vigente”. Nessuna accusa, ribadisce, ma il desiderio “forte” che “gli enti pubblici preposti al controllo ci diano in tempi brevi risposte chiare ed esaustive”. In particolare su alcune domande: “E’ forse cambiato, dal 2004 ad oggi, il ciclo produttivo dei gessi rossi? Se così fosse, che sia reso di pubblico dominio con allegate le nuove analisi chimiche, che dimostrino incontestabilmente l’impossibilità per gli stessi di contaminare le falde sotterranee. Ma se così non fosse – insistono sia Barocci che Fedi – non riusciamo a capire come sia possibile che un rifiuto speciale possa essere accreditato come correttivo”. Barocci e Fedi si dicono, infine, stupiti “dei silenzi delle istituzioni”, ma anche del fatto che “nel 2004 Tioxide prescriveva che l’utilizzo dei gessi rossi non doveva essere eseguito in zone ove opera il dilavamento dell’acqua piovana o sono presenti falde acquifere e oggi consigli a tutti gli agricoltori l’utilizzo massiccio dei gessi”. Una domanda arriva anche da Francesco Viaggi, presidente provinciale di Coldiretti, che ha ospitato nella sua sede l’incontro degli ambientalisti con la stampa: “Le aziende agricole non hanno strumenti per verificare l’uso dei gessi rossi. Chiediamo chiarezza sulla composizione del prodotto”.