Scarlino, gli ambientalisti rendono noti documenti fin qui non diffusi

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Il Tirreno del 30-09-2011, riporta i dati della Conferenza Stampa del 29 a Follonica Sala Consiliare Comune di Follonica, convocata dal Comitato per il No all’inceneritore di Scarlino.

Arsenico e manganese sempre lì: «Andremo al Consiglio di Stato»

ALFREDO FAETTI
SCARLINO. Le falde del Casone sono ancora inquinate, anche quelle già bonificate. Non solo arsenico, ma anche manganese, frutto avvelenato delle discariche dei gessi. Lo rivela uno studio commissionato da Provincia e Comune di Scarlino, ma mai pubblicato.
E ora, forte di questo documento, il Comitato del No all’inceneritore è pronto ad andare fino al Consiglio di Stato nel ricorso sulle bonifiche.
«Per progetto di bonifica si intende l’eliminazione della fonte inquinante», spiega Roberto Barocci del Forum ambientalista. «Lo dice la legge». E nell’area del Casone di Scarlino questo non è avvenuto. Lo dice uno studio condotto da due tecnici, Alessandro Donati (docente di chimica) e Alessandra Biondi (ex funzionaria dell’Arpat), commissionati dai due enti pubblici a cui fa riferimento la zona industriale. La relazione conclusiva è datata aprile 2011, ma i suoi contenuti non sono mai stati pubblicati. Ci hanno pensato il Comitato del No, nelle persone del presidente Mario Monciatti e del legale Franco Zuccaro, e il Forum ambientalista con Barocci a darne notizia. Lo studio non ha prodotto nuovi dati circa la situazione di contaminazione delle falde del Casone, ma ha utilizzato quelli già esistenti lavorandoli statisticamente. «La prima notizia – commenta Barocci – è che le opere di bonifica finora eseguite e certificate dagli enti, comprese quelle di messa in sicurezza delle falde idriche che transitano sui siti industriali, non sono in grado di ridurre l’inquinamento delle falde». Cos’è che dimostra che le bonifiche non hanno portato a isolare le origini della contaminazione chimica della falda? La statistica, appunto. «Tale inquinamento è statisticamente costante nel tempo e che, pertanto, non tutte le fonti inquinanti sono state isolate» spiega il leader del Forum. Dallo studio risulta che una delle fonti inquinanti per quanto riguarda l’arsenico («le stanno cercado dal 1993» dicono gli ambientalisti) si trova proprio a ridosso delle aziende del Casone. Ma c’è anche un’altra sostanza inquinante che minaccia l’ambiente in quella zona, secondo gli ambientalisti. E’ il manganese, «collegato alle discariche dei gessi». «L’inquinamento più accentuato, anche molte centinaie di volte superiori ai limiti di legge, è nelle immediate vicinanze degli impianti a conferma di tutte le valutazioni statistiche che dimostrano che le fonti d’inquinamento sono dovute a rifiuti interrati (come le polveri di pirite ndc) nelle aree industriali o nelle sue immediate vicinanze, ancora da individuare e ancora da rimuovere» spiega Barocci. Ma c’è dell’altro. Non solo è stato dimostrata «l’origine antropica e industriale dell’inquinamento» (dopo che era stata mossa l’ipotesi che potesse essere di cause naturali), ma dopo 18 anni infatti è stata delimitata l’area della prima e seconda falda inquinata e la loro estensione comprende il terreno racchiuso tra il fiume Pecora, il canale Allacciante e la vecchia Aurelia. «E’ stato segnalato che la prima falda nella stagione umida sale in superfice, distribuendosi nella rete dei canali di scolo dei terreni agricoli, che poi diffondo l’inquinamento nei terreni circostanti». Insomma, forti di questo studio, gli ambientalisti sono pronti ad andare avanti con la loro battaglia, ultima in ordine di tempo quella sulle bonifiche, appunto. Monciatti, dicendosi non stupito della decisione del Tar che ha respinto il ricorso presentato in materia, traccia la strada: «arriveremo al Consiglio di Stato».