Un pensiero su “Impianti a biomasse: una speculazione che non durerà a lungo”
All’inizio avevamo la necessità di capire come è stato possibile che a Grosseto fosse stata autorizzata un’attività che rovinava la vita a molte centinaia di famiglie nelle cui abitazioni si respira periodicamente un’area nauseabonda, emessa da otto impianti localizzati in aree agricole anche a poche centinaia di metri dai quartieri periferici. La nostra Costituzione consente ai singoli di esercitare un’attività speculatrice, ma non a danno della collettività.
Dalla nostra inchiesta è emerso che ciascuna autorizzazione all’esercizio degli impianti contiene un numero esagerato di prescrizioni. Anche 20-30 per ciascun impianto. Ma alla domanda rivolta ai dirigenti dei vari Uffici pubblici se avessero verificato che tutte le previsioni e le prescrizioni al progetto autorizzato fossero state realizzate, la risposta è stata che non avevano il personale tecnico per compiere tali verifiche.
L’inchiesta si è allargata e abbiamo verificato perché gli esposti dei cittadini non hanno prodotto i risultati attesi, accertando che il nostro Parlamento ha modificato le leggi ambientali al punto di favorire gestioni illegali di tali impianti.
Ma le preoccupazioni più grandi vengono dai materiali in ingresso e da quelli in uscita. Le masse organiche avviate a putrefazione per produrre metano da bruciare vengono per lo più importate dagli impianti di allevamento di carni del nord-est, dove le enormi quantità di animali vengono tenuti in vita con dosi massicce di antibiotici, che producono costantemente virus mutanti. Tra i gas in uscita abbiamo le pericolose Pm10 e Pm2,5 che per gli eccessi accertati di mortalità in Italia e per lo sforamento dei limiti siamo stati per due volte sanzionati dalla Corte Europea e poi tutto il Carbonio catturato nelle biomasse viene liberato con emissione di CO2., anziché ritornare ai terreni agricoli come compost, di cui c’è un urgente bisogno per ridurre l’erosione laminane. In conclusione questi impianti a biogas oltre che gestiti in maniera non conforme alle autorizzazioni sono inseriti in una catena a monte e a valle insostenibile e pericolosa per la salute collettiva, improduttiva da un punto energetico e clima alterante. Il finanziamento pubblico a tali impianti, considerate le alternative esistenti, non durerà a lungo.
All’inizio avevamo la necessità di capire come è stato possibile che a Grosseto fosse stata autorizzata un’attività che rovinava la vita a molte centinaia di famiglie nelle cui abitazioni si respira periodicamente un’area nauseabonda, emessa da otto impianti localizzati in aree agricole anche a poche centinaia di metri dai quartieri periferici. La nostra Costituzione consente ai singoli di esercitare un’attività speculatrice, ma non a danno della collettività.
Dalla nostra inchiesta è emerso che ciascuna autorizzazione all’esercizio degli impianti contiene un numero esagerato di prescrizioni. Anche 20-30 per ciascun impianto. Ma alla domanda rivolta ai dirigenti dei vari Uffici pubblici se avessero verificato che tutte le previsioni e le prescrizioni al progetto autorizzato fossero state realizzate, la risposta è stata che non avevano il personale tecnico per compiere tali verifiche.
L’inchiesta si è allargata e abbiamo verificato perché gli esposti dei cittadini non hanno prodotto i risultati attesi, accertando che il nostro Parlamento ha modificato le leggi ambientali al punto di favorire gestioni illegali di tali impianti.
Ma le preoccupazioni più grandi vengono dai materiali in ingresso e da quelli in uscita. Le masse organiche avviate a putrefazione per produrre metano da bruciare vengono per lo più importate dagli impianti di allevamento di carni del nord-est, dove le enormi quantità di animali vengono tenuti in vita con dosi massicce di antibiotici, che producono costantemente virus mutanti. Tra i gas in uscita abbiamo le pericolose Pm10 e Pm2,5 che per gli eccessi accertati di mortalità in Italia e per lo sforamento dei limiti siamo stati per due volte sanzionati dalla Corte Europea e poi tutto il Carbonio catturato nelle biomasse viene liberato con emissione di CO2., anziché ritornare ai terreni agricoli come compost, di cui c’è un urgente bisogno per ridurre l’erosione laminane. In conclusione questi impianti a biogas oltre che gestiti in maniera non conforme alle autorizzazioni sono inseriti in una catena a monte e a valle insostenibile e pericolosa per la salute collettiva, improduttiva da un punto energetico e clima alterante. Il finanziamento pubblico a tali impianti, considerate le alternative esistenti, non durerà a lungo.