Ex miniere, canali drenanti da ripulire

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La Nazione mi ha intervistato nei giorni scorsi sui temi al centro  del  video documentario «Acqua rubata» riporto l’articolo del 07 Ottobre 2010 pubblicato nelle pagine della cronaca di Grosseto.

«Ex miniere, canali drenanti da ripulire»
Ecco la mappa dei veleni di Maremma I siti pericolosi per la salute: recuperarli fornirebbe nuove importanti risorse
di CRISTINA RUFINI

DAI CANALI drenanti delle ex miniere sulle Colline Metallifere alla falda acquifera della piana di Scarlino. Fino a Fenice Capanne. Passando per il fiume Merse. E’ la ideale mappa dei principali siti inquinati e inquinanti della provincia di Grosseto. Non tutti, ma una buona parte. Una linea di inquinamento che attraversa molto del territorio a nord della Maremma: le Colline Metallifere, che per anni e anni sono state territorio di sfruttamento delle miniere da parte delle aziende del gruppo Eni.
«PURTROPPO — come spiega Roberto Barocci, per il Forum ambientalista — la bonifica di questi canali, tre sono i principali, è stata rimandata di anno in anno.

Dai primi anni Novanta, quando è stato accertato il grado di inquinamento. Peraltro la bonifica di questi canali permetterebbe, oltre che a non continuare a danneggiare l’ambiente, anche il recupero di acqua di cui il nostro territorio e la zona nord in particolare ha necessità. Soltanto il canale drenante che esce dalla miniera di Niccioleta ha una portata di 300 litri al secondo che vengono persi perché non bonificati. L’acqua, infatti, scorre per circa sette chilometri in galleria, accumulando ossigeno, dando così origine al fenomeno conosciuto come drenaggio acido di miniera che rende la risorsa idrica inutilizzabile». Gli altri due canali drenanti, più piccoli, sono quelli che sfociano a «La Pesta» e a «Fenice Capanne». Quest’ultima località «famosa» anche per la vicenda delle batterie esauste che da Paderno Dugnano sono state portate nel villaggio di Massa Marittima per essere bonificate. «Una vicenda che solo di recente ha portato alla rimozione delle batterie stoccate — ha aggiunto Barocci — ma sul cui percorso giudiziario ci sarebbe da approfondire non poco». Inquinamento certificato anche nella falda acquifera della piana di Scarlino.

«DAI RECENTI controlli — ha proseguito Barocci — è emerso che il livello si è abbassato fino alla seconda falda. Ma anche qui la operazioni di bonifica tardano a partire. Per ora è stato costituito un Consorzio, di cui fanno parte le aziende che insistono sulla piana, per valutare chi e per quanto tempo ha inquinato. E si va avanti a non intervenire. Come del resto per i canali drenanti che attendono la bonifica dagli anni Novanta, i quali grazie ad accordi di Eni (soggetto inquinante riconosciuto) con la Regione i programmi di intervento vengono rinviati». Il fiume Merse, invece, nella ideale mappa tracciata è l’unico sito dove è iniziato da tempo il programma di bonifica. Eni ha incaricato una azienda di eseguire le operazioni di depurazione delle acque che escono dalla miniera con l’introduzione di calce nelle vasche di drenaggio. Emblematiche, sulla questione Merse, le parole scritte dal giudice Vincenzo Pedone, che Roberto Barocci ha riportato in conclusione del secondo videodocumentario «Acqua rubata» rintracciable su You Tube. «L’inadeguatezza dell’operato delle predette amministrazioni pubbliche (quelle coinvolte nella vicenda Merse, ndr) fa legittimamente sorgere il sospetto di collusioni e quindi di abusi commessi per favorire la realizzazione dello scellerato progetto».