Una risposta dovuta

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Abbiamo chiesto se le leggi fossero cambiate o se fossero cambiati i componenti nei Gessi Rossi, documentati nel 2005 dalla Tioxide. Lo abbiamo chiesto, anche a nome degli agricoltori, agli Enti pubblici, che secondo il D.Lgs.100/92, sono indicati come i soggetti obbligati a controllare il corretto smaltimento dei rifiuti provenienti della produzione del biossido di titanio.

Marras, che sembra ignorare il contenuto della suddetta legge, in evidente imbarazzo, ne cita altre: quelle relative ai concimi, che nulla hanno a vedere con la legislazione sui rifiuti. Né il comunicato della Provincia si azzarda a rispondere alla seconda domanda: se il contenuto chimico dei Gessi Rossi è cambiato rispetto a quanto documentato con l’Accordo Volontario sottoscritto nel 2005. Perchè si richiama il rispetto della sola legge sui concimi e non anche quella sui rifiuti?

Perchè non si dice se è cambiata la composizione di tali rifiuti? Che ci siano poi degli elementi e composti quali i Solfati, i Cloruri, il Manganese e il Vanadio più o meno pericolosi, ciò dipende dalla loro concentrazione. Però, quando Marras ritiene che la loro presenza, anche se in concentrazione che supera i limiti di legge, non sia pericolosa e che sia giusto usarli come fertilizzanti, ci lascia sgomenti: non lo deve dire a noi che il Manganese in quelle concentrazioni non è pericoloso, lo dica all’Organizzazione Mondiale della Sanità e al legislatore europeo e italiano, che hanno fissato una concentrazione limite di tali sostanza nelle acque potabili e nei rifiuti riutilizzabili senza i rischi di inquinamento delle acque!

A questo punto, poiché Marras e l’ass.Siveri rispondono con tanta leggerezza, citando una verifica dell’Arpat fatta su prelievi di acqua non validi, in quanto non sono né a monte e né a valle delle cave di Montioni, pensiamo che non ci sia spazio per una discussione costruttiva: verificheranno la Magistratura e altri organismi di controllo se tutto sta avvenendo nel rispetto delle leggi. Ma la Provincia pretende di accreditare persino un bilancio positivo dell’azione amministrativa degli enti pubblici in fatto di tutela delle risorse idriche. Nulla è più ridicolo.

A conferma del fallimento dell’azione amministrativa, ricordiamo i dati che testimoniano l’inquinamento persistente e pericoloso nelle falde idriche a valle idrogeologica dei siti già certificati come bonificati. I numeri di un crescente inquinamento non sono opinabili e se dopo 20 anni l’Arpat, a termine del suo Rapporto del 2008, dopo che ha precedentemente avallato l’approvazione di progetti di bonifica sempre parziali, è costretta a scrivere che nella piana di Scarlino “è necessario valutare l’opportunità di ricercare altri focolai di contaminazione delle acque di falda ancora attivi”, c’è da crederci. Basti pensare alle ceneri di pirite usate come inerte (!), perché così chiedeva l’Eni e così certificava la Provincia, e depositate come materiale bonificatore dei bacini fanghi ella Solmine!! La legge non consente, come sostiene l’ass. Siveri, che alcune falde idriche siano da considerare perse e non recuperabili per fini potabili, a meno che non si voglia riaccreditare la periodica e ridicola menzogna delle anomalie naturali, sempre e tutte concentrate nella zona del Casone di Scarlino. E’ vero che questi siti hanno subito anni di monitoraggio, ma Marras non dice che si sono volutamente ignorati i dati del persistente inquinamento. Perché si è lasciato che l’Eni si scaricasse di ogni responsabilità nella mancata bonifica, cedendo al Comune di Scarlino in permuta quei terreni, oggi ancora da bonificare a spese della collettività, che nel frattempo ha perso una risorsa fondamentale alla sua sopravvivenza? Questo è bilancio fallimentare a carico della collettività, ma i responsabili hanno fatto tutti carriera politica e Marras lo sa bene”.

Roberto Barocci, Forum Ambientalista di Grosseto
Renzo Fedi, Coldiretti sezione di Follonica

Convegno sull’autostrada tirrenica presso Arci di Scansano

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Le ultime notizie provengono dalla Ragioneria Generale dello Stato, che ha fatto i conti (vedi il Tirreno del 15 aprile 2010) e si è accorta che non è affatto vero che i costi dell’autostrada tirrenica (Cecina – Civitavecchia) sarebbero a totale carico dei finanziatori privati, cioè della SAT Spa, (presidente Antonio Bargone, grande sponsor di D’Alema), come fino ad oggi hanno detto tutti i sostenitori della scelta autostradale, dal Ministro Matteoli al Presidente della Regione Toscana, prima Martini  e oggi Rossi. A parte il fatto che questa affermazione ha sempre nascosto una ipocrisia in quanto il costo di realizzazione dell’autostrada sarebbe stato  comunque a carico di tutti coloro che l’avrebbero usata, tramite i pedaggi,  ma, a conti fatti, è anche una falsità:  il costo finanziario è tale che quel tracciato autostradale non si ripaga con i pedaggi, neppure a scadenza della convenzione con la SAT (2046) e sarà lo Stato a dover rimborsare quanto anticipato dalla SAT, cioè dovrà rimborsare la bella somma di 3.700 milioni di euro, come comunicato dalla Regioneria dello Stato.  Basta fare alcuni conti.

Infatti a pag.23 della Proposta di Approvazione del Progetto Preliminare del 16.12. 2008, approvata dal Ministero delle Infrastrutture, Regione Toscana e poi dal CIPE è scritto che: “I presupposti per consentire il rimborso del debito (72,7% del costo) e quello del capitale di rischio ( i mezzi propri del concessionario SAT, pari al 19,1% del costo) con interessi sono legati sostanzialmente :…all’accollo al Concessionario subentrante, alla scadenza della concessione (con SAT), dell’investimento non ammortizzato, comprensivo degli oneri finanziari capitalizzati;”

Gli uomini locali PD in carriera, dall’on. Sani al Presidente della Provincia Marras, si sono scandalizzati nel venire a sapere che a carico dello Stato sono stati previsti 3.700 milioni di euro. Eppure era tutto scritto, ma lor signori facevano finta di non sapere, oppure non sanno leggere quanto hanno approvato e abbiamo ritenuto doveroso ricordarlo pubblicamente (vedi articolo de Il Tirreno del 17 aprile 2010).

Questa realtà ( che il costo del tracciato autostradale non fosse finanziariamente sostenibile dal soggetto privato) è stata nascosta per anni dagli amici di Antonio Bargone del Centrodestra e del Centrosinistra, che continuano a sostenere anche oggi non ci sarebbero oneri per lo Stato.

Rimane pertanto tutt’oggi valido e attuale quanto abbiamo già sostenuto in passato circa la convenienza per la collettività della messa in sicurezza della statale Aurelia con tipologia autostradale (progetto ANAS del 2001), soluzione che era stata valutata molto più conveniente per la collettività dall’unico studio comparativo di Analisi Costi/Benefici, prodotto dall’Università Cattolica e dal Politecnico di Milano (vedi power point realizzato nel 2009 autostrada-cecina-civitavecchia.ppt di circa 14MB). Forse proprio per questo motivo, per essere più vantaggiosa per la collettività, quella soluzione è stata accantonata dagli amici di Antonio Bargone, presidente della SAT Spa.

Rimane valida un’altra domanda: essendo un’opera di pubblica utilità, essendo i costi a carico della collettività e dello Stato, perchè pagare il 7% di interessi alle anticipazioni di un Istituto di credito privato, quando la Cassa Depositi e Prestiti finanzia opere pubbliche, senza oneri per il Bilancio dello Stato, a tassi tre volte inferiori? Risponderanno mai a questa domanda?