Arsenico nell’acqua, Bramerini minimizza e non rimuove le cause

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Sull’Arsenico presente nelle acque dei comuni toscani la UE bacchetta la Regione Toscana e la Giunta regionale minimizza.
L’Assessore all’Ambiente Bramerini dichiara, nel intervento da titolo «Stiamo lavorando per velocizzare la realizzazione degli impianti», afferma che:

L’efficacia dell’operazione (di controllo dei livelli di arsenico, n.d.r.) è già stata dimostrata nell’ambito dei Comuni dell’Ato 6 (province di Siena e Grosseto) dove, entro dicembre, saranno completati e messi in esercizio gli ultimi due impianti a servizio di piccole frazioni dei Comuni di Montieri e Monterotondo marittimo a completamento del più generale programma attuato dal gestore su quasi tutti i Comuni dell’ambito a partire dal 2006.

L’Assessore Bramerini mente sull’Arsenico.
Non è vero che nell’Ato Ombrone il problema sia risolto e che sono rimasti problemi solo nei comuni di Monterotondo e Montieri.

Molte sono state le deroghe emesse dalla Regione Toscana in fatto di Arsenico nelle acque potabili. Le seconde deroghe in ordine di tempo risalgono al dicembre 2003, quando è entrato in pieno vigore il D.Lgl 31/2001, che fissava il limite a 10 microgrammi/litro per l’arsenico e che dava due anni di tempo ( dal 2001 al 2003 è la prima deroga) alle Regioni per rimuovere le cause di valori superiori a 10 microgrammi/litro.

Per la provincia di Grosseto, il rispetto della SALUTE e della legge suddetta avrebbe significato imporre nei tempi di legge (mesi) le bonifiche a carico dell’ENI, ancora da fare, e bloccare lo sfruttamento dei vapori geotermici sull’Amiata, che riducendo il serbatoio di acqua, concentra l’Arsenico oltre i limiti, fatto tecnico documentato nel tempo.

Abbiamo promosso inutilmente interrogazioni in Regione, Provincia e Comuni.
Ma, come sappiamo, altri padroni governano in questa Regione…

Non è stato possibile promuovere azioni giuridiche perché la Regione Toscana in questi anni ha emesso sempre deroghe con valenza di sei mesi o, al massimo, di un anno, rinnovandole e cambiando spesso il valore massimo concesso, 50 nei primi anni, poi 30, poi 40 e 20 negli ultimi anni.

In tal modo la Regione Toscana rendeva vano l’eventuale ricorso amministrativo. Senonché la UE, che aveva nel ’98 fatto la Direttiva, la 98/83/CE su pressione dell’OMS, i cui ultimi studi indicano il limite di 6 micro grammo/ litro, da un certo anno in poi ha contestato le deroghe fatte dalle nostre Regioni e ha così scoperto l’elusione della norma da parte della Regione Toscana.

Ma la cosa più grave è che la Direttiva CE consentiva una deroga, vedi art.9, a condizione che:

  1. la popolazione fosse tempestivamente informata (perché ci sono patologie particolari che, come conseguenza collaterale, abbassano la difese normali per cancerogeni come l’arsenico);
  2. le deroghe non fossero superiori di tre anni, rinnovabili una sola seconda volta;
  3. le deroghe fossero accompagnate dai programmi di bonifica o, in mancanza di altri possibili interventi, di correzione dell’inquinamento.

La Regione Toscana ha violato tutti e tre i punti con il consenso consapevole delle forze che pretendono di difendere i beni comuni.

In che modo?

Non informando, rinnovando ripetutamente le deroghe e, infine, sostenendo la naturalità della presenza di arsenico oltre i limiti di legge.
Cosa palesemente falsa, ma che gli consente di non rimuovere le cause e di introdurre impianti di abbattimento degli inquinanti. A spese dei consumatori, naturalmente con le bollette tra le più alte in Italia. Suppongo che ENI ed ENEL ringrazino la Giunta regionale toscana, ma in sedi meno visibili…

Roberto Barocci,
Forum Ambientalista Grosseto

I guadagni di Pottino

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In Maremma c’era un detto popolare: “Si fa i guadagni di Pottino che bruciava lenzuoli per vendere la cenere” per segnalare una scelta in evidente perdita con cui si distrugge un bene prezioso per ricavarne un’altro di minore valore.

Questo vecchio detto si addice bene alle scelte attuali della Regione Toscana in materia di energia geotermica e acqua potabile. Mentre sull’Amiata, per favorire il soggetto Enel (di fatto privato) nella produzione di energia dai vapori geotermici, si stanno prosciugando le riserve idriche, che, segnalate sul bacino superiore a -80 m di profondità, in questi giorni e nonostante le grandi piogge di quest’anno non sono state ancora trovate a -300 m, sulla costa, da Scarlino all’Argentario, si approvano progetti del soggetto Acquedotto del Fiora (nel quale detta legge il socio privato) per impiegare l’energia a dissalare l’acqua di mare per renderla potabile.

Sembra incredibile, eppure sta avvenendo che si distrugge una riserva idrica fondamentale per la nostra collettività, che, senza le fonti di acqua dell’Amiata, diverrà dipendente dall’energia necessaria per dissalare il mare, quando tutte le più ragionevoli previsioni ci dicono che in futuro l’energia costerà sempre di più e i vapori geotermici andranno ad esaurirsi. Appunto la Giunta regionale brucia lenzuoli per vendere la cenere!

Perché sta accadendo questo? Il fatto è che questi dirigenti politici (in carriera) fingono di ignorare (o ignorano davvero) che gli azionisti privati, sia in Enel per l’energia che in Acea per l’acqua, valutano normalmente la convenienza dell’investimento nel breve periodo di pochissimi anni e mai potrebbero accettare investimenti che possono ripagarsi solo dopo qualche decennio, perché il sistema creditizio bancario privato non lo consente. Così se le risorse, l’acqua o l’energia, sono gestite dal privato, Acea o Enel, è normale che si facciano solo quegli investimenti che possono produrre utili nel breve periodo. Ma per la collettività non è valido lo stesso calcolo. Nei tempi lunghi di decenni la convenienza cambia spesso di segno e si inverte. Questo è il caso dell’energia e dell’acqua. Questo è il motivo per cui in tutti i testi di Economia politica si assegna un ruolo decisivo e centrale alla gestione pubblica di tali risorse. E’ proprio nell’ottica del breve periodo che non si investe nella manutenzione della rete del Fiora, che perde da molti anni il 46% dell’acqua immessa nella rete; tale investimento, infatti, si ripagherebbe solo dopo decenni, come lo fu quello per la realizzazione dell’acquedotto del Fiora. Invece si preferisce investire nei dissalatori da realizzare in terra ferma. Per questi motivi la raccolta delle firme tra i cittadini per indire i referendum e impedire la privatizzazione della gestione dell’acqua sta registrando un successo inatteso, nonostante i tentativi di boicottaggio dei soliti dirigenti dei partiti di centrodestra e centrosinistra.

Sarà un caso che questi dirigenti politici pubblici finiscano la loro carriera politica nei Consigli di Amministrazione di tali società private?

Coordinamento delle Associazioni ambientaliste (Legambiente esclusa)
e dei Comitati ambientali della provincia di Grosseto