I gessi rossi son rifiuti pericolosi

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In risposta a quanti di recente sono intervenuti sulla stampa e in rete per sostenere l’utilità della vendita e dell’uso in agricoltura di tali rifiuti pericolosi.

L’equivoco che consente di giustificare l’uso in agricoltura dei gessi Tioxide sta in queste frasi : “Supponiamo di usare la dose massima consigliata…” e si distribuiscono “una volta ogni X anni..”.

Chi è esperto di medicinali ci potrebbe insegnare come tutta una serie di farmaci, se presi nelle dosi “consigliate” curano un male, ma in dosi eccessive ammazzano, perché sono dei potenti veleni, ripeto VELENI, come sono rifiuti PERICOLOSI i gessi Tioxide, secondo la legge vigente sui rifiuti.

Altro esempio calzante sono i vaccini, che, se si iniettano in piccole dosi su un bimbo sano, si provoca nell’organismo una reazione di anticorpi, utile e preventiva; ma se le stesse dosi sono iniettate su un organismo debole, oppure ammalato sono causa di gravi conseguenze. Per tutti questi motivi certi medicinali o vaccini sono usabili solo da medici, solo in ospedale, acquistabili solo con ricette del medico e solo se venduti da un farmacista abilitato.

Perchè un vaccino contro il vaiolo non è vendibile al supermercato? Perché questo elementare concetto non dovrebbe valere per i rifiuti pericolosi? Chi può garantire il loro corretto dosaggio, il trasporto in sicurezza, lo stoccaggio in un magazzino non accessibile ad altri? I consiglieri della Tioxide?

Altro esempio, ma potrei fartene tanti: ci sono occorsi molti incidenti mortali per avere la regola che in certi tratti stradali, particolarmente sensibili, è vietato transitare liberamente con carichi di rifiuti pericolosi, che, solo se scortati, possono transitare.

I dirigenti ENI della Nuova Solmine Spa avevano presentato alla Regione un lungo studio per affermare che le CENERI DI PIRITE potevano essere considerate anche un discreto fertilizzante e/o ammendante, se usate in dosi “consigliate”, cioè solamente se diluite o se sottoposte a trattamenti chimici o termici…Ma la Procura di Grosseto ha già svelato questo come uno “scellerato progetto”.

Il chimico Luciano D’AMBRA per diversi anni, intorno alla fine degli anni ottanta, primi anni novanta, ha certificato analisi su eluati e su acque di falda per conto dei collaudatori in corso d’opera delle false bonifiche realizzate da Nuova Solmine SPA sulla Cassa Sterili, Bacini fanghi, nonchè sul famoso Stock provvisorio di ceneri di pirite.

Secondo tale dott. Luciano D’AMBRA tutto era regolare e a norma, ma nel primo anno del suo incarico ha commesso un errore, accuratamente evitato in tutte le relazioni da lui firmate negli anni successivi.
Infatti, assieme ai bollettini di analisi, aggiunse quella volta anche una nota sulla tecnica di prova: “Test di cessione con acqua satura di CO 2, previsto dalle normative vigenti…”. Si legge prima della sua firma e timbro.

Sappiamo oggi che con tale modalità si sono per anni falsati i risultati circa la reale presenza e cessione di Arsenico al terreno e pericolosità delle ceneri.

La Magistratura (vedi Relazione di P.G. agli atti del Procedimento penale sull’inquinamento del Merse n° 01/3235) ha poi accertato che l’uso delle ceneri in agricoltura non era consentito e che quelle modalità di analisi effettuate dal dott. Luciano D’AMBRA non erano a norma di legge in quanto le normative, al tempo vigenti, richiedevano per le ceneri di pirite test di cessione con acido acetico, che davano eluati sulle ceneri fuori norma e che, però, erano molto più verosimili alle condizioni che erano presenti in zona, con l’acidità prodotta dai fini di pirite e dalla sostanza organica.

Mi sembra che sia stia ripetendo una storia già nota.

Sulle accuse di allarmismo, protagonismo e sensazionalismo

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Secondo l’Assessore Siveri nella Conferenza Stampa dello scorso 29 settembre avremmo fornito informazioni imprecise (ma non dice quali), fornendo alla Stampa pagine dello Studio sull’inquinamento della pianura di Scarlino/Follonica, deformando anche le procedure in atto (ma non dice come). Questa volta veniamo accusati anche di allarmismo, protagonismo, sensazionalismo…

La sig,ra Siveri non entra però nel merito dei contenuti pubblicati, cercando al tempo stesso di minimizzarli, dicendo che erano per lo più già noti.

Noi siamo diversi e preferiamo risponderle precisando nel merito fatti e circostanze collegate ai dati già pubblicati, lasciando ai giornalisti e ai lettori stabilire se le notizie che presentiamo, contengano o meno notizie meritevoli di essere diffuse.

A lei chiediamo di rispondere in modo puntuale e non generico se quanto segue contiene imprecisioni:

  1. lo Studio Donati-Biondi evidenzia il perdurante inquinamento delle falde idriche, in siti già certificati dalla Provincia come bonificati, sia in superficie, sia in falda, anche a distanza di oltre dieci anni dal termine dei lavori, come per gli ex bacini fanghi. La certificazione della Provincia ha liberato il soggetto responsabile dell’inquinamento, l’ENI, da altri adempimenti, nonostante che il monitoraggio post operam testimoniasse allora e testimonia oggi che non sono state rimosse tutte le fonti inquinanti, come invece afferma la suddetta certificazione. Ma non finisce qui, perchè il sito GR66a- ex bacini fanghi, successivamente alla “certificata” bonifica, è stato ceduto in permuta, da ENI, al Comune di Scarlino, con tutti gli eventuali successivi oneri (è scritto nell’Atto di cessione). Ma sia la Provincia di Grosseto, sia il Comune di Scarlino, pur consapevoli che, nei dieci anni di monitoraggio post operam, continuava a manifestarsi un persistente inquinamento, non hanno richiesto all’ENI di risanare il territorio, accollando così alla collettività oneri che competevano ad un soggetto privato;
  2. lo Studio Donati-Biondi conferma che manca ancora un Progetto di bonifica delle falde idriche, capace di rimuovere tutte le fonti inquinanti ad oggi ancora da individuare, nonostante che oltre dieci anni fa la Commissione Parlamentare d’inchiesta sui reati connessi al ciclo dei rifiuti (Relazione del Sen. Iuliano agli Atti conclusivi della XIII Legislatura) avesse prescritto agli Enti locali la realizzazione urgente di tali opere;
  3. così come è consentito costruire un tetto sopra alle abitazioni, realizzando i piani per fasi successive, ma solo dopo l’approvazione di un unico progetto, altrettanto è consentito procedere per fasi secondo un unico e organico progetto nell’eliminazione delle fonti inquinanti. Viceversa nel caso di Scarlino Energia si è certificata la realizzazione delle opere di bonifica per fasi in assenza di un progetto unico e organico e, oggi, i dati attorno all’inceneritore fanno registrare un dato medio statistico di Arsenico nella prima falda superiore di 80 volte ai limiti di legge. Questa elusione della legge ha consentito alla Provincia di autorizzare a quell’impianto di cedere altro Arsenico al territorio.

Invitiamo la sig.ra Siveri a confrontarsi entrando nel merito di quanto sopra affermato, se ne è capace.

Roberto Barocci
Forum Ambientalista e ReteAmbienteGrosseto

Una realtà e uno Studio che non possono essere censurati

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Sintesi della Conferenza Stampa del 29.9.2011 a Follonica Sala Consiliare Comune di Follonica, convocata dal Comitato per il No all’inceneritore di Scarlino.

“Una realtà e uno Studio che non possono essere censurati” è il titolo di un appello relativo ad uno Studio sui temi dell’inquinamento delle falde idriche della pianura di Scarlino/Follonica, commissionato dalla Provincia di Grosseto e dal Comune di Scarlino.

Roberto Barocci del Forum Ambientalista, con il contributo del geologo Lodovico Sola, ex dirigente tecnico della Rimin, società di ricerche minerarie, ha commentato lo Studio, realizzato dal prof. Alessandro Donati, docente di Chimica ambientale nell’Università di Siena e dalla dott.ssa Alessandra Biondi, già funzionaria presso l’Arpat di Grosseto.
L’inquinamento più pericoloso, come è noto, è quello relativo all’Arsenico, ma è emerso anche quello relativo alla forte presenza del Manganese, collegato alle discariche dei gessi.
I risultati di tale Studio, presentato nell’aprile scorso, ma finora mai divulgato, sono clamorosi.
Secondo gli ambientalisti vi trovano conferma le loro tesi, che finora gli stessi Enti locali non avevano mai accolto. La prima notizia è che le opere di bonifica finora eseguite e certificate dagli Enti locali, comprese le opere di messa in sicurezza delle falde idriche che transitano sui siti industriali, non sono in grado di ridurre l’inquinamento delle falde stesse. Infatti è statisticamente dimostrato dai dati, rilevati anche negli anni successivi alla conclusione dei lavori di bonifica delle superfici e di messa in sicurezza delle falde, che tale inquinamento è statisticamente costante nel tempo e che, pertanto, non tutte le fonti inquinanti sono state rimosse. Dalle elaborazioni statistiche emerge inoltre che non ci sono più dubbi sull’origine antropica e industriale dell’inquinamento. Gli Autori dello Studio hanno inoltre finalmente individuata e delimitata l’area della prima e seconda falda inquinata e la loro estensione comprende tutta l’area delimitata ad est dal fiume Pecora, ad ovest dal Canale Allacciante e a nord dalla vecchia statale Aurelia. E’ la prima volta che ciò avviene, dopo 18 anni dall’inizio delle procedure di bonifica, quando la legge prevede invece solo pochi mesi.•E’ stato segnalato che la prima falda nella stagione umida sale in superficie, distribuendosi nella rete dei canali di scolo dei terreni agricoli. Tali canali pertanto diffondono l’inquinamento nei terreni circostanti.
Tuttavia i canali di scolo interessati da questo inquinamento sono limitati da tre barriere geologicamente molto recenti, insormontabili, perché collocate a quote più alte dei terreni stessi: il canale Pecora/Solmine a sinistra, il canale Allacciante a destra, la statale Aurelia a nord.
Ma l’inquinamento più accentuato, anche molte centinaia di volte superiore ai limiti di legge è nelle immediate vicinanze degli impianti a conferma di tutte le valutazioni statistiche e analitiche, che dimostrano che le fonti di inquinamento sono dovute a rifiuti interrati nelle aree industriali o nelle sue immediate vicinanze, ancora da individuare e ancora da rimuovere.

Roberto Barocci, Forum Ambientalista Grosseto

     

     

 

I risultati di Bizzarri e i numeri che neppure il TAR potrà mai smentire

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Arsenico fino a 14.500 microgrammi/l (limite massimo 10) nelle falde della piana di Scarlino e Follonica.

Questo un risultato delle brillanti bonifiche del sindaco Bizzarri, di cui il TAR non ha evidentemente tenuto conto.
Questi che seguono sono i numeri prodotti dai consulenti di Enti pubblici (1), numeri di cui il sindaco Bizzarri beatamente si
compiace e che sono invece testimonianza:

  1. che i livelli d’inquinamento delle falde idriche nei siti già bonificati da anni sono superiori ai limiti di legge, non di due o tre volte, ma anche, in media di centinaia di volte;
  2. che tali concentrazioni permangono con valori numerici statisticamente costanti a distanza di diversi anni dalle conclusioni delle presunte bonifiche, di cui il sindaco Bizzarri va fiero.
  3. che tali inquinamenti sono passati nel frattempo dalla falda superiore alla seconda falda idrica più profonda.
  4. che permangono, pertanto, sicure fonti inquinanti che continuano anche oggi a rilasciare sostanze cancerogene all’acqua. Altrimenti, si sarebbero registrate e si registrerebbero inquinamenti nel tempo decrescenti.

Purtroppo i numeri sono lì a testimoniare gli errori e la scarsa credibilità delle affermazioni degli amministratori locali, quando sostengono che le bonifiche realizzate sono a tutela del territorio e degli abitanti della piana: se l’acqua in movimento viene costantemente avvelenata e, a distanza di diversi anni dalla conclusione dei lavori delle presunte bonifiche di superficie, si registrano negli stessi punti, collocati nel perimetro esterno delle aree bonificate (vedi ad esempio il sito GR72), alle stesse quote, valori statisticamente costanti, vuol dire una sola cosa; vuol dire che la presunta bonifica di superficie non ha individuato ed eliminato tutte le fonti di inquinamento, e che, pertanto, le bonifiche realizzate non sono valide, in quanto non sono fasi di un unico progetto capace di rimuovere tutte le fonti inquinanti, come da un decennio stiamo affermando.

Probabilmente abbiamo sbagliato a concentrare l’attenzione sul solo sito di Ambiente Srl, ma non ci potrà essere giudice o sindaco che possa smentire questi numeri.

Noi sosteniamo da anni che un edificio si può anche realizzare per fasi, piano per piano, purché ciascuna fase sia ricavata da un unico progetto organico di costruzione dell’edificio stesso.

A Scarlino invece il progetto unitario di bonifica delle falde idriche ancora manca, nonostante che le procedure di bonifica siano iniziate 18 anni fa, mentre la legge prevede tempi di pochi mesi per la eliminazione dall’ambiente di sostanze pericolose per la salute dei cittadini.

I risultati di queste scelte sbagliate degli amministratori sono oggi quelli che tutti i cittadini conoscono: la cittadinanza non sa fino a dove è estesa e quanto è pericolosa questa risorsa idrica inquinata e, però, subiscono tutte le Ordinanze del Sindaco, con le quali nel corso degli anni si è dovuto imporre, di volta in volta, la chiusura d’autorità dei pozzi, che prima servivano agli agricoltori della zona e agli artigiani dell’area La Botte, tutti soggetti ignari e non responsabili dell’inquinamento in atto.

Leggeremo attentamente le motivazioni del TAR toscano e porteremo questi numeri a conoscenza di chi possa valutarli. Ma queste vicende, come quelle di Berlusconi, ci convincono che abbiamo commesso un altro errore: quello di sperare che la Magistratura potesse risolvere un problema che solo i cittadini e la Politica possono risolvere, scegliendo amministratori della cosa pubblica migliori degli attuali.

Roberto Barocci
Forum Ambientalista Grosseto

(1)Vedi Relazione Conclusiva di A. Donati e A. Biondi in “Studio sui traccianti della contaminazione delle acque di falda della Piana di Scarlino”-Aprile 2011.

Una risposta dovuta

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Abbiamo chiesto se le leggi fossero cambiate o se fossero cambiati i componenti nei Gessi Rossi, documentati nel 2005 dalla Tioxide. Lo abbiamo chiesto, anche a nome degli agricoltori, agli Enti pubblici, che secondo il D.Lgs.100/92, sono indicati come i soggetti obbligati a controllare il corretto smaltimento dei rifiuti provenienti della produzione del biossido di titanio.

Marras, che sembra ignorare il contenuto della suddetta legge, in evidente imbarazzo, ne cita altre: quelle relative ai concimi, che nulla hanno a vedere con la legislazione sui rifiuti. Né il comunicato della Provincia si azzarda a rispondere alla seconda domanda: se il contenuto chimico dei Gessi Rossi è cambiato rispetto a quanto documentato con l’Accordo Volontario sottoscritto nel 2005. Perchè si richiama il rispetto della sola legge sui concimi e non anche quella sui rifiuti?

Perchè non si dice se è cambiata la composizione di tali rifiuti? Che ci siano poi degli elementi e composti quali i Solfati, i Cloruri, il Manganese e il Vanadio più o meno pericolosi, ciò dipende dalla loro concentrazione. Però, quando Marras ritiene che la loro presenza, anche se in concentrazione che supera i limiti di legge, non sia pericolosa e che sia giusto usarli come fertilizzanti, ci lascia sgomenti: non lo deve dire a noi che il Manganese in quelle concentrazioni non è pericoloso, lo dica all’Organizzazione Mondiale della Sanità e al legislatore europeo e italiano, che hanno fissato una concentrazione limite di tali sostanza nelle acque potabili e nei rifiuti riutilizzabili senza i rischi di inquinamento delle acque!

A questo punto, poiché Marras e l’ass.Siveri rispondono con tanta leggerezza, citando una verifica dell’Arpat fatta su prelievi di acqua non validi, in quanto non sono né a monte e né a valle delle cave di Montioni, pensiamo che non ci sia spazio per una discussione costruttiva: verificheranno la Magistratura e altri organismi di controllo se tutto sta avvenendo nel rispetto delle leggi. Ma la Provincia pretende di accreditare persino un bilancio positivo dell’azione amministrativa degli enti pubblici in fatto di tutela delle risorse idriche. Nulla è più ridicolo.

A conferma del fallimento dell’azione amministrativa, ricordiamo i dati che testimoniano l’inquinamento persistente e pericoloso nelle falde idriche a valle idrogeologica dei siti già certificati come bonificati. I numeri di un crescente inquinamento non sono opinabili e se dopo 20 anni l’Arpat, a termine del suo Rapporto del 2008, dopo che ha precedentemente avallato l’approvazione di progetti di bonifica sempre parziali, è costretta a scrivere che nella piana di Scarlino “è necessario valutare l’opportunità di ricercare altri focolai di contaminazione delle acque di falda ancora attivi”, c’è da crederci. Basti pensare alle ceneri di pirite usate come inerte (!), perché così chiedeva l’Eni e così certificava la Provincia, e depositate come materiale bonificatore dei bacini fanghi ella Solmine!! La legge non consente, come sostiene l’ass. Siveri, che alcune falde idriche siano da considerare perse e non recuperabili per fini potabili, a meno che non si voglia riaccreditare la periodica e ridicola menzogna delle anomalie naturali, sempre e tutte concentrate nella zona del Casone di Scarlino. E’ vero che questi siti hanno subito anni di monitoraggio, ma Marras non dice che si sono volutamente ignorati i dati del persistente inquinamento. Perché si è lasciato che l’Eni si scaricasse di ogni responsabilità nella mancata bonifica, cedendo al Comune di Scarlino in permuta quei terreni, oggi ancora da bonificare a spese della collettività, che nel frattempo ha perso una risorsa fondamentale alla sua sopravvivenza? Questo è bilancio fallimentare a carico della collettività, ma i responsabili hanno fatto tutti carriera politica e Marras lo sa bene”.

Roberto Barocci, Forum Ambientalista di Grosseto
Renzo Fedi, Coldiretti sezione di Follonica