Con i SI ai Referendum sull’acqua proponiamo di abolire due leggi che hanno come obiettivo prioritario quello di favorire gli investimenti privati per la manutenzione delle reti idriche e per la realizzazione di nuovi impianti di depurazione, poiché i Rapporti più recenti della Commissione di Vigilanza sulle Risorse Idriche, che ha confrontato gli investimenti previsti con quelli realizzati dai gestori del servizio idrico, confermano che l’obiettivo delle due leggi è fallito.
Questi i dati: nel primo triennio analizzato, gli investimenti realizzati sono stati solo il 49% di quelli previsti dai Piani di Ambito, mentre nel triennio successivo (2007-2009), sono stati realizzati solo il 56% dei previsti.
Si registra questo fallimento, nonostante che sia stato assicurato ai soggetti privati, gestori dei servizi idrici, un rendimento al capitale pari al 7% netto, che rappresenta una vera e propria rendita parassitaria, in quanto un interesse così elevato non si giustifica in nessun modo, per l’assenza completa dei rischi.
I motivi del fallimento sono relativi alla qualità e tipologia degli investimenti, necessariamente legati a tempi lunghi: la durata media dei Piani di Ambito è di ben 22 anni con investimenti previsti che, per il 57%, riguardano nuove infrastrutture e, per il 37%, la manutenzione straordinaria; cioè, ben il 94% degli investimenti ha tempi lunghi (20-40 anni) di ritorno dei capitali investiti. Questo è il punto, tutte le banche private normalmente non finanziano investimenti con piani di ammortamento così lunghi. Perciò, quello dei servizi idrici è uno dei servizi collettivi che non può essere affidato al credito privato.
Lo sapevano bene coloro che, con un senso dello Stato oggi inesistente, hanno costruito l’Acquedotto del Fiora, che nessun soggetto privato avrebbe mai realizzato, condannando la Maremma al sottosviluppo.
Quindi, il fallimento è dovuto alla illusione neoliberista che sia possibile ricorrere all’auto finanziamento dei soggetti privati, lautamente ricompensati, per coprire gli investimenti necessari. L’autofinanziamento dei Piani di Ambito ha coperto in realtà solo il 55% degli investimenti e il debito bancario, previsto pari al 23 % degli investimenti, si è ridotto in realtà a solo il 14%. La conseguenza è che si continua a perdere in Italia il 30% delle acque immesse nelle reti (l’Acquedotto del Fiora ne perde oltre il 45%) e non si fanno i depuratori necessari (vedi condizioni del Fosso Beveraggio a Grosseto).
E’ evidente che i forti aumenti tariffari, registrati negli ultimi anni, non consentono ai gestori di ottenere altri aumenti tariffari per recuperare la quota di capitali non anticipata dalle banche private, poiché questi ulteriori aumenti renderebbero evidente a tutti il fallimento della nuova legge. Stante il debito statale non più dilatabile,comunque la soluzione c’è: affidarsi al settore bancario pubblico, che gira agli Enti pubblici locali i depositi sui buoni fruttiferi postali (vedi la Cassa Depositi e Prestiti, che sta finanziando il Ponte sullo stretto di Messina) o altre forme di investimento pubblico a costo zero per lo Stato, come il prestito irredimibile.
Il Comitato Referendario “2 sì per l’acqua bene comune†Grosseto Amiata Val d’Orcia